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“Della Hollywood degli inizi ho mostrato solo qualcosa di quello che in genere si nasconde sotto il tappeto. Allora il cinema veniva visto come qualcosa di basso, pornografico, un’industria spesso creata da immigrati, criminali, poco più che reietti. Mostro cose estreme? Per niente, anzi ho dovuto ammorbidire il tutto per non incorrere nella censura”. Così a Roma il regista premio Oscar Damien Chazelle parla di BABYLON, in sala dal 19 gennaio in 400 copie con Eagle Pictures, un film barocco, esagerato con scene esplicite di sesso consumato durante feste orgiastiche e che racconta il passaggio dal cinema muto a quello sonoro. E questo con quattro protagonisti principali: Manny Torres (Diego Calva), aspirante attore messicano che cerca una sua strada nel cinema; Jack Conrad (Brad Pitt) nei panni di una star tra le più pagate; Nellie LaRoy (Margot Robbie) che parte davvero dalle stalle per diventare una stella e, infine, Sidney Palmer (Jovan Adepo), giovane trombettista jazz di colore che approda al cinema.
Cosa ha perso il cinema dall’epoca del muto? “Li c’era la mentalità dei pionieri, oggi invece a Hollywood c’è solo troppa paura. Si è perduta quella libertà. In questo senso abbiamo molto da imparare da quei tempi, oggi c’è troppo moralismo. Hollywood è cambiata, ma non in meglio”. Sull’accoglienza negativa di BABYLON in Usa, replica il regista di LA LA LAND: “Immaginavo che questo film potesse dare fastidio, provocare risentimento. Era in fondo quello che volevo fare. Volevo fosse un’opera controcorrente e anche per questo ci è voluto tanto tempo. Va detto – aggiunge Chazelle – che Paramount, anche sapendo quello che stavo facendo, mi ha sempre sostenuto e non mi è stata fatta nessuna pressione. L’unica speranza ora è che questo film possa trovare il suo pubblico, suscitare discussioni”. BABYLON spiega poi il regista: “È diviso in due parti. Inizia come una commedia per arrivare alla tragedia, anzi si può dire all’horror. E questo per mostrare il rovescio della medaglia, la caduta all’inferno di quel mondo dello spettacolo apparentemente sempre in festa”.
Rischia davvero il cinema nel futuro? “Già negli anni Venti tutti pensavano fosse una cosa provvisoria e che gli Studios sarebbero morti. BABYLON finisce nel 1952 con immagini di SINGING IN THE RAIN e anche allora si parlava di morte del cinema che sarebbe stato sostituito dalla tv. Credo invece nella sua continua evoluzione e nella sua capacità di rinnovarsi”. Dice ancora Chazelle, che nel 2017, a 32 anni, è stato il più giovane regista premiato con l’Oscar: “I premi non mi hanno cambiato la vita in maniera personale, ma gli Studios non sarebbero stati disponibili a produrre un film come questo, insomma gli Oscar mi hanno aperto molte porte”. A inizio incontro stampa il regista non ha mancato di rendere omaggio a Fellini: “Sono davvero felice di essere qui a Roma e spero che nel mio film si capisca bene quanto abbia attinto alle opere di Federico Fellini”.
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