Chi dà voce ai No Vax “a braccio”

Guido Russo come Marcel Duchamp. E lo studio di «Non è l’Arena» su La7 come il Cabaret Voltaire. Similitudini blasfeme, giustificate solo dal fatto che l’altroieri, nel programma di Giletti, è riecheggiata – impropriamente – l’espressione «provocazione dadaista».

E chi sarebbe il fantomatico «provocatore dadaista»? Lui, il dentista (o dadadentista) che ha portato, per un giorno, l’Italia sui giornali di mezzo mondo; un «successo» mediatico ottenuto grazie a un’idea davvero «geniale» (il dottor Russo l’ha definita «trasgressiva»): andare in un centro vaccinale con un braccio finto al silicone («L’ho costruito con le mie mani», ha sottolineato orgogliosamente) montato sul braccio vero. Il tutto per scroccare un Green pass, trasformando la tragedia del Covid in un oggetto di burla. Dietro lo scherzo ci sarebbe una ragione – diciamo così – ideologica: Russo è (sarebbe) un «convinto No vax». Ma il condizionale è d’obbligo, considerato che il medico specializzato in carie (e bracci siliconati), vistosi smascherato dall’infermiera che doveva praticargli l’iniezione, è subito passato dalla parte dei Sì vax. Tanto da annunciare al Paese, dagli schermi dell’autorevole trasmissione di Giletti, che «sì, il vaccino è l’unico mezzo per combattere il contagio. Io stesso, il giorno dopo la finta vaccinazione, mi sono vaccinato davvero». Mentre il dottor Russo sosteneva la propria tesi, al suo fianco era seduto non uno psichiatra, bensì un avvocato col compito di tutelare il cliente da «offese» e «calunnie». Nell’occasione gli ospiti di Giletti hanno fatto a gara a sparare a zero su un obiettivo fin troppo facile, rilanciando in modo bozzettistico il dibattito aperto, proprio su La7, da Enrico Mentana sul presunto «diritto» dei No vax di parlare in tv. Mentana si dichiara orgoglioso di «non averli mai intervistati»; Giletti mena vanto di «offrire loro il microfono». Ma forse sbagliano entrambi. Perché sotto il grande ombrello dei No vax si tende ormai inglobare di tutto, senza porsi più il problema di distinguere tra chi fa domande legittime (del tipo «Ma il Green pass è davvero la migliore delle soluzioni?») e chi sostiene tesi strampalate (come nel caso del dottor Russo e di tante altre macchiette).

Assimilare un personaggio che ammette con cinismo di «aver voluto fare solo uno show», a quanti si interrogano con serietà sui limiti e gli eventuali errori della campagna vaccinale, è un’operazione scorretta.

Altro che dadaismo.


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