Chi tifa per il Dragone. L’ex ambasciatore e il filo rosso con Pechino

Se cercate la vera quinta colonna della Cina in Italia lasciate perdere i comici. Beppe Grillo c’entra, ma solo quanto basta per far ridere. E non perdete tempo negli archivi della politica. I vari Massimo D’Alema e Romano Prodi, sempre a pronti a cantarci le lodi del Dragone, non sono in fondo più attuali del libretto rosso di Mao.

Se volete l’originale, quello a cui si ispirano tutti gli altri quando indulgono in sperticate lodi del sistema cinese, dovete guardare molto più vicino e molto più in alto. Eh sì, perché il vero demiurgo del Memorandum della Via della Seta, mentore a suo tempo della conversione «cinese» di Luigi Di Maio, è l’ex ambasciatore a Pechino Ettore Sequi promosso – il 27 maggio scorso – al ruolo di segretario generale della Farnesina. Un ruolo che vista la preparazione e la competenza dell’attuale ministro è, di fatto, quello di grande timoniere della nostra politica estera. E i primi effetti di una promozione che al ministero degli esteri definiscono «inattesa» e «anomala» già si vedono. Per capirlo basta scorrere la bozza del «Piano d’azione triennale per il rafforzamento della collaborazione» preparata in vista di un prossimo incontro tra il premier cinese Li Keqiang e il nostro presidente del Consiglio. La bozza, trapelata qualche giorno fa sulle pagine del sito formiche.it, è stata immediatamente ricondotta alla Segreteria Generale. «Un documento imbarazzante sia per la scrittura che fa pensare alla ricopiatura di una bozza preparata negli uffici dell’Ambasciata Cinese – spiega a il Giornale una fonte diplomatica – sia per i contenuti scelti apposta per neutralizzare le nuove politiche di contrapposizione a Pechino a cui Mario Draghi ha aderito nel corso del G7 di Carbis Bay». Il documento «diramato per mail – spiega la fonte – alle varie direzioni generali del ministero, ma non al consigliere diplomatico di Palazzo Chigi» contiene dei passaggi che molti all’interno della Farnesina giudicano un tentativo di Sequi di dimostrare la sua fedeltà agli amici cinesi. E l’assoluto disallineamento con un presidente del Consiglio deciso a rendere più efficace e incisiva l’azione degli uffici di governo responsabili del golden power ovvero dei meccanismi destinati a contrastare l’infiltrazione del Dragone e di altre potenze straniere in settori strategici della nostra economia. Il disallineamento della bozza assume toni particolarmente plateali quando arriva a rilanciare l’«iniziativa per una Via della seta Marittima del 21mo secolo» ovvero i piani cinesi per l’acquisizione di Trieste e di altri cruciali scali marittimi della Penisola. Guarda caso proprio la parte del Memorandum che più ha allarmato gli analisti statunitensi convinti, fin dalla firma dell’intesa italo-cinese, che il Dragone punti al controllo delle rotte commerciali del Mediterraneo. Per capire perché molti – sia alla Farnesina, sia all’interno del governo – vedano in Sequi l’ispiratore di una bozza redatta in perfetta sintonia con l’Ambasciata di Pechino è presto spiegato.

Ambasciatore italiano in Cina dal 2015 al 2019 il diplomatico, che prima di allora gravitava in area Pd, è considerato l’autore-ombra scelto dai Cinque Stelle per definire i contenuti del Memorandum sulla Via della Seta firmato nel marzo 2019 dal ministro dello sviluppo Luigi di Maio. Da quel momento le carriere dei due diventano autentiche vite parallele. Nel settembre 2019 quando il leader grillino s’insedia alla Farnesina il primo a sederglisi accanto, in qualità di capo di gabinetto ed il compito non indifferente di colmarne le lacune in materia, è proprio un Ettore Sequi appena rientrato da Pechino. Una Pechino dove – tra il 2015 e il 2019 – è stato il miglior megafono della propaganda cinese. Se a qualcuno dobbiamo attribuire le disattenzioni italiane sulla repressione a Hong Kong e sull’internamento di un milione di uighuri nei campi di lavoro dello Xinjang quello è proprio l’ex-ambasciatore. Che in compenso non ha mai mancato di rilanciare gli slogan adottati oggi da Massimo D’Alema e da tutta la compagnia di giro filo cinese. «Qui – ripeteva Sequi nelle interviste concesse dalla sede diplomatica – abbiamo avuto delle riforme importantissime, abbiamo avuto, ed è la cosa più importante, 800 milioni di persone che sono uscite dalla soglia della povertà. Credo che sia probabilmente, nella storia dell’umanità, lo sforzo più grande e più di successo in questo campo». Senza dimenticare «lo sforzo di Pechino verso il multilateralismo, verso l’apertura, il libero scambio, l’impegno progressivo nel settore della sicurezza, l’attenzione allo sviluppo sostenibile e inclusivo anche di altre aree del mondo… premesse molto importanti anche per la collaborazione con il mio Paese, con l’Italia». Insomma più che un ambasciatore un autentico araldo della comunicazione in salsa cinese.


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