Chi vuole la verità è spaventosamente forte (l’editoriale di David Oddone)

Sto leggendo in questi giorni i commenti più disparati su Navalny.

Senza doversi troppo impegnare nel fact-checking o approfondire ulteriormente gli aspetti della sua vita e carriera, basti dire che egli era diventato – a torto o a ragione, con merito o senza – il simbolo dell’opposizione alla dittatura.

Non c’è nulla di più grave e pericoloso che distruggere un simbolo.

Putin era consapevole di ciò che rappresentava per il mondo l’incarcerazione del suo oppositore.

Era ben conscio di che cosa significasse la sua morte.

Ecco perché non è così importante capire chi fosse “realmente” Navalny. Ciò che conta è cosa incarnasse nell’immaginario collettivo.

Quanto accaduto rappresenta una sfida e un monito della Russia. Ed anche il più fulgido esempio di come funzioni una dittatura: chi non è allineato viene eliminato. O invaso.

Da qui si parte.

Fosse o meno un eroe, Navalny aveva impersonato lo spirito di ribellione, di libertà di un popolo spaventato e incapace di liberarsi dall’oppressione, di opporsi al regime. Di dire basta alla guerra.

Navalny, più semplicemente, era un uomo. Ammazzato e portato via ai sui cari, a sua moglie, a sua madre.

Sarà che ho perso mio padre e che mia mamma ha ormai una certa età. Ma a stento ho trattenuto una lacrima nell’ascoltare il commovente appello di Lyudmilla, madre orfana del figlio, che si rivolge direttamente allo zar: “Non sono riuscita a vederlo, sono cinque giorni. Non mi restituiranno il corpo o neanche mi diranno dove si trova. Mi rivolgo a lei, Vladimir Putin. Risolvere la questione dipende solo da lei. Lasciate che io veda mio figlio, infine”.

La mia bimba, al Classico, sta studiando l’Iliade. C’è un potente parallelismo fra questa donna disperata e Priamo, che arriva persino a inginocchiarsi davanti ad Achille per poter riavere le spoglie del figlio Ettore, da lui trucidato in battaglia.

Putin, in comune con Achille, ha la forza smisurata, che il Pelìde ha ereditato non per virtù, ma grazie all’immersione nelle acque del fiume infernale Stige; mentre lo Zar può contare su armi, esercito e servizi segreti. E come Achille ha gioco facile nel vincere. Al contrario Ettore, un mortale, sfida comunque il semidio conscio che sicuramente perirà nella lotta. E’ lui quindi il vero eroe, anche nella sconfitta.

E’ lo stesso Achille ad elevare Ettore nel mito.

Questo è stato l’errore più grande di Putin, che io credo pagherà a caro prezzo.

Ammesso che Navalny fosse un mediocre, uno stolto, un incapace, un antieroe, ebbene ammazzandolo il dittatore ha consegnato ai suoi oppositori un martire, un simbolo già imperituro.

Faccia attenzione allora, perché ha ragione da vendere Dostoevskij: “Chiunque voglia sinceramente la verità è sempre spaventosamente forte”.

 

David Oddone

(La Serenissima)