La svolta arriva come sempre con papa Francesco, inaspettata. L’occasione è un incontro, ieri, con le suore dell’Uisg, l’Unione internazionale delle superiori generali. Occasione che le madri superiore non hanno voluto evidentemente far passare come una delle tante udienze di routine, decidendo invece di incalzare Francesco con domande e provocazioni e soprattutto parlar chiaro sul fatto che così non va: andare avanti apprezzate poi alla fine più come ‘serve’ che come altro, non deve più essere. Francesco ha raccolto subito la sfida, aprendo così un’altra porta che era rimasta chiusa, quella del diaconato femminile.
Perché la Chiesa esclude le donne dal servire come diaconi come avveniva nella Chiesa primitiva? Perché non costituire una commissione ufficiale che studi la questione? «Accetto», ha detto il Papa, «mi sembra utile avere una commissione che la chiarisca bene». Una volta, ha infatti anche confidato Bergoglio, qualche anno fa ne aveva parlato lui stesso con un «buon saggio professore» che aveva approfondito il tema. Bergoglio gli aveva candidamente confessato che non aveva chiaro che ruolo potessero avere tali diaconi, che la cosa era «un po’ oscura». Ad esempio, «avevano l’ordinazione o no?».
Proprio di chiarire ruoli e possibilità si occuperà la commissione annunciata, ma il diaconato femminile, ha sentenziato durante l’udienza Francesco, è «una possibilità per oggi». Una sperimentazione in questo senso esiste già nella diocesi di Padova dove alcune «collaboratrici apostoliche», che hanno emesso voti di obbedienza, povertà e castità, si sono viste attribuire i compiti di annuncio della Parola, educazione alla fede, opere di carità, distribuzione della comunione, animazione della liturgia.
Un fautore del diaconato femminile era il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita come Bergoglio, secondo cui questo poteva essere uno dei punti di un’ampia riforma della Chiesa. Martini non a caso ne parlò dopo il documento
Ordinatio sacerdotalis di Giovanni Paolo II con cui nel ’94 Wojtyla, dopo l’apertura del sacerdozio alle donne tra gli anglicani, chiudeva invece nel cattolicesimo la porta a ogni ipotesi del genere. Una linea mantenuta anche da Benedetto XVI e su cui ora non potranno non avere riflessi le parole di Francesco secondo cui «la Chiesa ha bisogno che le donne entrino nel processo decisionale. Anche che possano guidare un ufficio in Vaticano».
Allo stesso tempo però, più volte Bergoglio ha ricordato che se le donne vanno valorizzate di più, «clericalizzarle» sarebbe sbagliato. Ieri ha precisato: «Questo crescente ruolo delle donne nella Chiesa non è femminismo: la corresponsabilità è un diritto di tutti i battezzati, maschi e femmine». Difficile quindi pensare che la commissione si avventuri in proposte che anche solo lontanamente richiamino il sacerdozio maschile. Piuttosto ci si attende che approfondisca aspetti che erano stati tipici della diaconia femminile agli inizi del cristianesimo (ne parla anche San Paolo) mentre nel III secolo in Siria esistevano donne che aiutavano i presbiteri nel battezzare altre donne.
Di diaconato femminile si era parlato anche all’ultimo sinodo dei vescovi. Era stato il vescovo canadese Paul-Andrè Durocher a formulare una proposta netta: «Facciamo le donne diacono». Suscitando però nell’aula, una reazione a dir poco tiepida. Il Resto del Carlino