
(ANSA) – ROMA, 20 DIC – ”Il teatro non muore”, conclude la
mail di Valentina, che si può leggere sul sito del Teatro delle
Ariette (http://www.teatrodelleariette.it/in-dialogo.html), dopo
aver ricordato che ”Del teatro non è possibile liberarsi,
nemmeno quando è vietato. Fra il 1200 e il 1300 il teatro era
stato abolito perché blasfemo e pericoloso per la morale, ma
proprio nelle chiese si tenevano le sacre rappresentazioni ….
e chi vietava il teatro in verità lo eseguiva ad ogni
occasione”.
E’ solo una delle tante risposte a Paola Berselli e Stefano
Pasquini, coppia nella vita e sulla scena, fondatori (con
Maurizio Ferraresi) e anime appunto del Teatro delle Ariette,
che prende il nome dal podere dove vivono e che coltivano in
Valsamoggia (Bologna), i quali hanno chiesto un dialogo pubblico
epistolare per non perdere il contatto con i propri spettatori e
non solo per discutere della situazione attuale, ma in
particolare riflettendo e elaborando idee per una ripartenza.
Hanno naturalmente cominciato loro, incoraggiati dal Premio
della critica Teatrale ricevuto nei giorni scorsi, scrivendo le
proprie riflessioni.
Hanno già risposto in tanti all’appello, scrivendo mail a
info@teatrodelleariette.it poi pubblicate sul sito.
Gli spettacoli di Paola e Stefano del resto prevedevano
sempre un momento finale di confronto e scambio di idee, per
questo gli attori, mentre recitano, cucinano un vero pranzo che,
alla fine, viene condiviso caldo con gli spettatori per un
momento conviviale. Il Teatro delle Ariette è nato nel 1996 e ha
il suo spazio per spettacoli in un edificio rurale riadattato.
La sua fortuna comincia nel 2000 quando, invitato al festival
Volterrateatro con lo spettacolo ‘Teatro da mangiare?’, viene
subito notato dalla critica. Da allora sono stati dieci anni di
successi con oltre 2000 repliche in sede, sul territorio e in
tournée in Italia Germania, Francia, Spagna, Svizzera, Belgio,
Portogallo, sino ai giorni scorsi, al Premio della Critica
andato ”Al Teatro delle Ariette, gruppo storico ed eroico di
teatranti e contadini che fondano nella concretezza materiale
dell’esperienza e delle tradizioni della loro terra la loro voce
teatrale”. (ANSA).
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