CHLOE BRIDGEWATER ha 7 anni. Vive a Hereford, in Inghilterra, una cittadona da 54mila abitanti non lontana dal confine col Galles. Ama nuotare (spera di farlo alle Olimpiadi, si allena ogni martedì e sabato) e il cioccolato. Va molto bene a scuola ma soprattutto ama i computer e ha un tablet su cui gioca spesso. In particolare a un videogame in cui deve controllare dei robot. Per questo, ma non solo, da grande vorrebbe lavorare da Google. Fra le altre ragioni che l’hanno ingolosita, i racconti del papà che le ha spiegato che in uno di quei fantascientifici uffici potrebbe guidare go kart, lanciarsi dagli scivoli e sedere su coloratissimi pouf a forma di fagiolo. Così ha scritto una lettera per fare domanda. O almeno, prenotare un posto fra qualche anno. Sundar Pichai, amministratore delegato di Big G, ha risposto.
Chloe ha le idee molto chiare. Sostiene infatti, pur non avendo ben capito in cosa consista una “job application”, di non aver mai scritto un’altra lettera “se non una volta, a Babbo Natale”. Dice che prima o poi un computer arriverà, perché il padre Andy – che poi ha pubblicato l’intero scambio epistolare su LinkedIn – gliel’ha promesso. Intanto, da vera nativa digitale mobile first, si accontenta del tablet. E continua a raccogliere ottimi risultati a scuola: “Le mie maestre dicono che vado molto bene in scrittura, lettura e matematica – ha scritto la piccola – e mio papà dice che se continuerò così un giorno potrò avere un posto a Google”. L’intelligenza sembra un affare di famiglia. Ma i gusti, quelli no, non sono proprio gli stessi: “Anche mia sorella Hollie è molto intelligente ma ama i vestiti e le bambole, ha 5 anni”, aggiunge Chloe. Non senza, sembra di capire, un tocco di leggerezza.
Pichai Sundararajan, questo il vero nome del grande capo di Google, non ha potuto non rispondere. E, in una lettera con tanto di carta intestata, ha ringraziato molto la più precoce candidata con cui l’azienda abbia probabilmente mai avuto a che fare. “Sono fiero che ami i computer e i robot e spero che continuerai a imparare cose che riguardano la tecnologia” ha scritto Pichai, 45 anni, uno che quanto a studi non ha nulla da invidiare a nessuno: laureato in ingegneria metallurgica all’Indian institute of technology di Kharagpur, in India, si è trasferito negli Stati Uniti e ha ottenuto un master a Stanford, California, in scienze dei materiali e uno in business administration alla Wharton School, Pennsylvania.
Nonostante per il momento la domanda non possa ovviamente essere accettata, Chloe può serbare grandi speranze per il futuro: “Credo che se continuerai a lavorare duro e seguirai i tuoi sogni potrai raggiungere ogni risultato che hai in testa. Lavorare a Google così come gareggiare alle Olimpiadi. Aspetto di ricevere la tua candidatura quando avrai finito la scuola”, ha chiuso Pichai. Con tanto di firma di suo pugno e molti auguri a lei e a tutta la famiglia.
Il papà di Chloe, account executive alla Crs Conulting dove vende ricambi per refrigeratori, ha poi diffuso l’eccezionale scambio epistolare e l’inaspettata risposta – datata 3 febbraio – sul social network professionale. Spiegando come sia stata incredibilmente importante per la figlia. In particolare per quanto riguarda l’autostima e la sicurezza. La piccola è stata infatti coinvolta in un incidente d’auto due anni fa, per la precisione è stata investita. “Dopo aver ricevuto l’incoraggiamento di Pichai è ancora più brava a scuola e il suo obiettivo è sempre più quello di lavorare, un giorno, per Big G – ha spiegato il padre – non potrò mai ringraziare abbastanza una persona tanto impegnata per aver trovato il tempo di trasformare il sogno di una bambina in qualcosa di appena più vicino. Anche se non sono sicuro che abbia capito che ci sarà molto più da fare che guidare go kart e dormire sulle sedute per guadagnarsi Google”. Repubblica.it