“Se il Nord Europa chiude le sue frontiere, il contraccolpo per la Germania e l’Italia può essere durissimo”. È l’effetto “tappo”. Tradotto: i flussi di rifugiati diretti in Danimarca, ma soprattutto in Svezia, rischiano di restare intrappolati nel Sud del continente. Christopher Hein, portavoce e consigliere strategico del Cir (Consiglio italiano rifugiati) parla di “una gara di egoismi nazionali e di un passo indietro nella costruzione europea”.
Perché giudica pericoloso il rispristino dei controlli alle frontiere deciso da Danimarca e Svezia?
“Perché si rischia un effetto epidemico, con altri Paesi che presto ne seguiranno l’esempio e sospendano di fatto il trattato di Schengen. Inoltre così non si fa altro che passare il problema da un Paese all’altro. Alla Germania prima di tutto, che nel 2015 ha già ricevuto circa un milione di richiedenti asilo e che ora con le chiusure ai suoi confini settentrionali rischia di restare sola. E così anche l’Italia”.
Svezia e Danimarca non hanno ragione a gridare all'”invasione ” di profughi sul loro territorio?
“Oggi nessuno ospita più richiedenti asilo della Germania. Poi vengono la Svezia, la Francia e l’Italia. La Danimarca è dietro anche all’Ungheria. La Svezia, è vero, sostiene un peso notevole. Per questo deve essere uno dei Paesi beneficiari del ricollocamento interno all’Europa dei rifugiati, ancora più dell’Italia, che nel 2015 ha contato comunque meno sbarchi del 2014”.
I controlli alle frontiere sono un deterrente efficace all’arrivo dei migranti?
“È impensabile che i profughi che hanno rischiato la vita nel deserto del Sahara o nel mare Mediterraneo si facciano scoraggiare da questi controlli. Se hanno familiari in Svezia o Danimarca, troveranno comunque il modo di entrare, illegalmente, anche correndo nuovi percoli, per esempio nel Mare del Nord. E non parliamo di eventuali terroristi, che sapranno bene come aggirare i nuovi “muri””.
Allora perché sempre più spesso si decide di “chiudere” le frontiere?
“Perché sarà pure una misura senza effetto deterrente, ma certamente ha un forte richiamo populista”.
Cosa dovrebbe fare allora l’Unione europea?
“Innanzitutto creare dei canali umanitari nei Paesi di transito e talvolta anche di origine dei flussi di rifugiati. Si ridurrebbero così le vittime, ma anche i movimenti interni all’Europa perché i richiedenti asilo otterrebbero direttamente il visto del Paese dove vogliono andare. Si avrebbe anche più sicurezza, fotosegnalando i profughi prima che arrivino. La Germania ha fatto un primo passo accogliendo 20mila siriani che stavano a Beirut. Ma non basta”.
Cos’altro?
“La redistribuzione interna alla Ue dei richiedenti asilo procede a rilento, anzi per ora è un vero e proprio flop. Andrebbe rilanciata con decisione per permettere ai rifugiati di ricongiungersi a familiari e amici e per alleggerire quei Paesi che sostengono oggi da soli una pressione troppo forte”.
IL MESSAGGERO