Oh, che meraviglia, sammarinesi, uomini, e sammarinesi, donne! Con un comunicato stampa appena “sfornato” dalla Segreteria di Stato al Territorio, San Marino ha deciso di prorogare di un anno il Piano Pluriennale di Gestione Faunistico-Venatorio del Cinghiale e, udite udite, di sospendere la caccia con la modalità della “braccata”.

Perché? Per accontentare, come da dovere, quei consiglieri che hanno recentemente approvato l’istanza d’Arengo degli animalisti e degli anti-caccia ideologici (nonché di chi teme per il proprio lampadario del salotto), accolta con entusiasmo dal Consiglio Grande e Generale.
Risultato? I cinghiali brindano, si moltiplicano come gremlins sotto un acquazzone e si preparano a trasformare il Titano in un loro personale parco giochi, con colture devastate e strade a rischio.
Altro che animalismo convinto o “salvaguardia del territorio”!
Il comunicato, o meglio la Segreteria di stato competente, con un tono che sembra uscito da un’aula di filosofia zen, ci delizia con questa perla: “È emersa la volontà comune di approfondire, con il necessario rigore tecnico-scientifico, tutte le modalità gestionali più idonee a garantire la salvaguardia del territorio e la tutela degli equilibri ambientali”. Bellissimo, quasi poetico. Peccato che sia come promettere di studiare l’antidoto dopo aver lasciato il virus libero di infettare tutti. Non sarebbe stato più logico, più furbo, più sensato – chiamatelo come vi pare – PRIMA individuare queste benedette “modalità gestionali” con tutto il rigore scientifico del mondo, e SOLO POI smantellare la braccata, che almeno teneva a bada questi suini invasori?
Invece no, si procede al contrario: stop alla caccia, arrivederci ai braccatori, e che i cinghiali facciano festa, grufolando tra campi distrutti e incroci stradali come se fossero i padroni di San Marino.
Non fraintendetemi: nessuno vuole sterminare i cinghiali per sport o sadismo. Ma qui non stiamo parlando di salvare Bambi o di accarezzare cerbiatti in un bosco fatato. I cinghiali si riproducono più veloci di un’influenza in inverno e, senza controllo, diventano una minaccia concreta: colture ridotte a un campo di battaglia, incidenti stradali dietro l’angolo (provate voi a frenare davanti a un bestione di cento chili che attraversa la superstrada nel buio di una notte spensierata), e un equilibrio ambientale che rischia di collassare sotto il peso di questi porci imperatori.
L’istanza d’Arengo, accolta con tanto fervore, puzza di quel buonismo retorico, populista, ideologico e animalista da tastiera, quello che dipinge i cacciatori come orchi cattivi e i cinghiali come vittime inermi. Peccato che la realtà non sia un cartone animato: senza braccata, senza alternative pronte, stiamo consegnando il territorio a una sovrappopolazione di cinghiali che non vedono l’ora di banchettare con i nostri raccolti e magari fare un selfie davanti al Palazzo Pubblico.
E ora? Ora aspettiamo il nuovo Piano Faunistico-Venatorio, che verrà redatto “nei prossimi mesi” con tutta la calma del mondo. Intanto, mentre gli esperti si riuniscono con caffè, grafici e “rigore scientifico”, i cinghiali ringraziano per la vacanza premio e si organizzano per il prossimo rave party nei campi di Domagnano.
Sospendere la braccata senza un piano B già in tasca non è gestione faunistica, è un inchino al caos, un applauso all’ideologia che preferisce i like su Facebook alla sicurezza di chi vive e lavora sul territorio.
Sveglia, signori della politica: prima si trovano le soluzioni, poi si cambia rotta. Altrimenti, non è tutela dell’ambiente, è un invito a nozze per i cinghiali, che già si vedono padroni del Titano. E voi? Voi pagherete il conto, tra campi distrutti, strade pericolose e un equilibrio ambientale che rischia di diventare un ricordo sbiadito.
Bravi, davvero, un applauso… ma non troppo fragoroso, che i cinghiali del circondario potrebbero sentirci e invitarsi al banchetto pure loro.
Enrico Lazzari