Cinghiali sul Titano: la sagra della democrazia o la commedia dell’assurdo? .. di Enrico Lazzari

Eccoci qua, cari lettori del Monte, con il Titano che si trasforma in un palcoscenico degno di una commedia di Goldoni, ma senza copione e con troppi attori che improvvisano. Io, marchigiano e romagnolo, con la penna trapiantata a San Marino, che scrive da sola dopo aver letto i vostri commenti, mi sono buttato nella giungla dei social sammarinesi per capire cosa ne pensate di questo stop alle braccate al cinghiale. E sapete che vi dico? È come guardare un consiglio di condominio dove tutti urlano e nessuno sa chi paga il conto…

Enrico Lazzari

Allacciate le cinture, che questo editoriale vi porta dritti nel bosco, ma senza fucile e con un bel po’ di realismo.

La notizia – come avrete immaginato – è semplice: il Consiglio Grande e Generale, quel tempio della saggezza che a volte sembra più un circo di leoni quando i domatori sono in ferie, ha detto basta alle braccate. E voi, popolo del web, vi siete divisi come fece Mosè con il Mar Rosso, ma senza l’intervento di alcun miracolo. Da una parte c’è chi brinda con il prosecco alla fine della “barbarie”, immaginando cinghiali che pascolano felici come in un cartone della Disney; dall’altra, chi si vede già l’orto devastato e la macchina accartocciata contro un bestione peloso e, magari, senza dirlo troppo forte, sogna di trasformarlo in un ragù della domenica. 

E io? Io sto in mezzo, a godermi lo spettacolo – e che spettacolo! – con la voglia di offrirvi un caffè e un po’ di sano buonsenso. Perché diciamocelo: questo dibattito è un capolavoro di assurdità. C’è chi difende i cinghiali come fossero cuccioli da adottare, proponendo soluzioni che sembrano uscite da un film di fantascienza. Sterilizzazioni di massa? Ma per favore! Immaginatevi un veterinario ninja, appostato dietro una roccia con una siringa in mano, che cerca di colpire un cinghiale di 160 chili mentre quello lo guarda come a dire: “Provaci, se hai coraggio”. Oppure i lupi, evocati come sicari della natura, pronti a sfoltire la popolazione. Peccato che sul Titano, i lupi – salvo qualche evento fitto come un eclissi totale di sole, non si vedono nemmeno con il binocolo… Certo, manca solo qualcuno che proponga di ordinarli su Amazon, con consegna Prime, express. 

Poi c’è chi sogna “aree protette” e “strutture veterinarie”, con la leggerezza di chi pensa che i soldi piovano dal cielo e i cinghiali si lascino accarezzare con un biscotto. Roba da matti, o da Oscar per la sceneggiatura più creativa.

Ma il vero spettacolo arriva quando si passa alle soluzioni alternative. Qui entriamo nel territorio dei genii incompresi, quelli che dovrebbero scrivere sceneggiature per Hollywood, non commenti su Facebook. C’è chi propone “sedativi, sterilizzazioni e lupi che predano i piccoli”. Capito? Oppure, “strutture veterinarie e aree protette”, dice un altro, con la leggerezza di chi pensa che i soldi crescano sugli alberi… Ridicolo? Forse, ma non quanto chi risponde con un candore da cartone animato: “Non esistono altri modi per limitare i cinghiali?”. Tesoro, sì, magari con un flauto magico o una chiacchierata motivazionale sui benefici della castità. E poi c’è l’animalista da tastiera che insiste: “La caccia è primitiva, sterilizziamoli tutti”. Bellissimo, ma chi paga? E chi va a inseguire un cinghiale di 160 chili con una siringa, rischiando di finire come un kebab? Questi sono i commenti che ti fanno venir voglia di offrire un digestivo e un manuale di zoologia.

Ma non finisce qui. Dall’altra parte del ring ci sono i pragmatici, quelli con le mani nella terra e i segni delle zanne nei ricordi. Gente che non ha tempo per le favole e sa che un cinghiale non è un peluche, ma un carrarmato con il pelo che ti rovina la vigna e ti manda all’ospedale se gli girano le setole. “Altro che divieti, qui ci vuole il fucile”, sembrano dire, mentre immaginano il giorno in cui un motociclista finirà contro un cinghiale e tutti si chiederanno dove abbiamo sbagliato. E sapete una cosa? Non hanno tutti i torti. Perché mentre voi animalisti da tastiera scrivete poesie sulla “caccia primitiva”, loro contano i danni e si chiedono chi pagherà il conto. Spoiler: non pagheranno i cinghiali! Mica sono canguri, con la borsetta in cui riporre il portafoglio…

Cominciamo da un sammarinese verace, uno che la campagna la vive con le scarpe sporche di terra e il cuore pieno di funghi e tartufi. Questo signore, con la calma di chi sa imitare Mozart al pianoforte, ha visto più cinghiali che tramonti, e ci ricorda una verità semplice: “In democrazia vince il voto”. E il voto ha detto stop alle braccate, con buona pace di chi firma istanze pensando che i cinghiali siano batuffoli di peluches. Lui lo dice chiaro: “Chi salva i cuccioli non ha mai visto un orto sbranato da 50 amorevoli bestiole davanti casa”. Mica robetta, eh. È uno che non caccia, ma sa che quando una specie prende il sopravvento, l’equilibrio va a farsi fottere. E mentre la politica si perde in discorsi da far invidia a un comizio di quart’ordine, lui prevede il futuro: incidenti stradali e orti distrutti. Altro che YouTube con i video dei cinghialini teneri teneri… Neanche i suoi “amici” virtuali stanno zitti. C’è chi tira fuori il pragmatismo da bar: “Quando un motociclista finirà in fin di vita per un cinghiale, vedrete come cambiano le idee”. Punto. Macabro, ma sensato. Poi c’è chi vede il Consiglio Grande e Generale come un’aula di dilettanti allo sbaraglio: “Interventi degni dell’infinita stupidità che solo la politica può creare”. E non sembra avere tutti i torti: vien da pensare, in questo caso, che le cisterne del Pianello oggi custodiscano buon sangiovese.

Poi c’è chi non ci sta a farsi prendere in giro. Un commentatore, con il tono di chi ha già i segni delle zanne sulle ginocchia, avverte: “Se rivedo un cinghiale nel mio terreno, finisce nel sugo, e non lo dico a nessuno”. Altro che istanze, qui si parla di sopravvivenza. E poi c’è chi tira in ballo la realtà nuda e cruda: “I cinghiali sono troppi, pericolosi nei boschi e sulle strade. La braccata serve a sfoltirli, altro che fantascienza con le sterilizzazioni”. Giusto, perché sparare una siringa a pochi metri da un bestione incaz… furente non è roba da documentario, è da manicomio. Un altro ancora, con l’ironia di chi ha visto tutto, propone: “I danni li paghino loro (nota: riferito a chi ha proposto e approvato l’Istanza d’Arengo), con un’assicurazione bella alta. Oppure costruiscano una porcilaia e li tengano fino alla vecchiaia”. Applausi, please. Altro che “uomini poco evoluti” o “caccia come sport”: qui si parla di gestire un problema, non di fare filosofia da divano.

Io, che ne penso? Ve lo ho detto nel precedente editoriale (leggi qui) ma lo ripeto volentieri e chiaro: questo stop è un esperimento da laboratorio, ma senza scienziati a pianificarlo e vigilarlo. È come se avessimo chiuso il rubinetto dell’acqua senza sapere chi, poi, riempirà le cisterne per affrontare la siccità. 

La democrazia ha parlato, certo, ma a volte parla con la voce di chi non ha mai visto un cinghiale attraversargli la strada di notte come una zebra ubriaca. E allora ridiamoci su, perché è l’unica cosa che ci resta. Immaginate il Titano fra un anno: orti recintati come Fort Knox, sammarinesi che barattano reti al mercato nero e cinghiali che organizzano rave party nei boschi, tanto nessuno li disturba più. O magari qualcuno proporrà un reality: “L’isola …dei cinghiali!”, con i cittadini che competono per addomesticarli. Ridicolo? Sì, ma non più di certe idee lette in giro per i social

La verità, amici miei, è che questo divieto è un gioco d’azzardo. Chi lo ama vede un futuro di pace e amore tra uomo e bestia; chi lo odia si prepara a un’invasione degna di un film apocalittico. Per quanto mi riguarda, mi tengo i popcorn e vi guardo litigare, perché se c’è una cosa che ho capito è che i cinghiali non leggono i miei editoriali e nessuno è in grado di placarli. 

Meditate, gente, e fate scorta di pazienza, cornetti rossi e dita incrociate mentre guidate, magari un po’ alticci, rientrando a casa di sera. Ne avrete bisogno più che di fucili o siringhe…

Enrico Lazzari

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