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Sognare di poter tornare alla libertà dei 20 anni quando tutto sembrava possibile, non riconoscere se stessi né l’amore della propria vita. Il tutto tra l’elegante Manhattan e il ‘famigliare’ New Jersey, a colpi di matrimoni, divorzi, amici di scuola ritrovati, figli, esaurimenti nervosi e appuntamenti galanti via app. Sono fra gli ingredienti delle sfide che affrontano i protagonisti quarantenni in crisi di Fleishman a pezzi, la serie dramedy in otto puntate che ha appena debuttato su Disney+. A crearla è stata Taffy Brodesser-Akner, che ha adattato il suo omonimo bestseller (edito in Italia da Einaudi), con la coppia principale interpretata da Claire Danes e Jesse Eisenberg in un cast che comprende Lizzy Caplan, Adam Brody, Josh Radnor, Mozhan Marnò, Maxim Jasper, Meara Mahoney, Josh Stamberg e Christian Slater. La storia, che si muove costantemente fra presente e passato, parte dalla inattesa situazione in cui si ritrova Toby Fleishman (Eisenberg), medico divorziato, tornato da poco a uscire con altre donne conosciute via app. L’esplorazione di una nuova libertà ha per lui uno scossone quando la sua ex moglie Rachel (Danes), agente teatrale di successo, scompare dopo avergli lasciato i due figli, Hannah di 11 anni (Mahoney) e Solly di 9 anni (Jasper). Mentre cerca di capire cosa sia successo, Toby rientra in contatto dopo anni con i suoi due più cari amici, entrambi alle prese con proprie crisi personali, Libby (Caplan), giornalista di talento diventata mamma a tempo pieno (è anche la narratrice dalla storia) e Seth (Brody), manager stanco di una vita senza legami. “Ho amato esplorare il matrimonio vissuto dal mio personaggio e le altre relazioni che lo circondano e in qualche modo lo rispecchiano – ha spiegato nella conferenza stampa via streaming Claire Danes, che per il ruolo è stata candidata ai Golden Globes e ai Critics Choice Awards come miglior attrice in una miniserie o film tv -. La storia va a toccare un’enorme paura, con domande come ‘quanto bene conosci veramente il tuo partner? E quanto bene ti conosci?”. Per l’attrice, già protagonista del successo globale di Homeland, “tutti i personaggi affrontano piccoli e grandi traumi, e alla fine sono un po’ più vicini alla verità su se stessi e l’uno con l’altro”. La serie affronta inoltre temi tornati di particolare attualità anche in Italia, le esperienze di violenza ostetrica vissute da varie donne (a compiere un atto molto invasivo su Rachel al momento del primo parto è un medico sbrigativo interpretato da Vincenzo Amato) e la depressione post parto: “Anch’io ho avuto due figli, quindi conosco quei violenti squilibri ormonali, anche se sono stata fortunata nel non dover affrontare quell’abisso – spiega -. Ho una profonda empatia per le donne che hanno vissuto quest’esperienza e penso che sia sotto rappresentata nella cultura pop. Anche se, in questo caso, Rachel deve confrontarsi principalmente con l’altro trauma che le viene inflitto al momento del parto, che è così specifico e orrendo. Un tipo di maltrattamento che spesso viene taciuto ma del quale si deve parlare”. Jesse Eisenberg ama di Fleishman a pezzi l’avere le prospettive dei personaggi a confronto: “Quando Rachel è vista dal mio sguardo, appare ambiziosa, vendicativa, negligente, ma quando il pubblico mi vede dal suo punto di vista, provi sentimenti simili nei miei confronti – sottolinea -. I nostri personaggi hanno tante liti, ma come sanno tutti quelli che vivono una relazione difficile, in realtà stai avendo sempre la stessa discussione con parole e in circostanze diverse”. Si racconta il modo in cui il loro rapporto cambia: “Il mio personaggio è attratto all’inizio dall’ambizione di Rachel e il modo in cui non senta il bisogno di scusarsi per se stessa, il suo non avere le mie stesse nevrosi, ma con il passare del tempo molti di quegli elementi diventano una sorta di ‘mostro’ nella loro relazione”. La serie, sottolinea Taffy Brodesser-Akner, è anche una satira del non sentirsi “mai arrivati, anche quando ormai vivi una vita in cui hai già in teoria tutto ciò che potresti desiderare: ti viene costantemente detto dalla società che non è abbastanza. Che sei comunque sempre meno di qualcun altro. E’ un aspetto della vita con il quale in molti combattiamo”.
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