Clamorosa svolta nel caso del “Mostro di Firenze”: il DNA rivela che Mele non era figlio del marito della prima vittima, ma del fratello di due ex indagati. Si apre un nuovo scenario di indagini?

A distanza di quasi sei decenni, un nuovo dettaglio genetico scuote uno dei casi più oscuri della cronaca nera italiana. Un test del DNA ordinato dalla procura di Firenze ha rivelato che Natalino Mele, il bambino che nel 1968 fu miracolosamente risparmiato nel primo delitto riconducibile al cosiddetto mostro di Firenze, non era figlio di Stefano Mele, marito della vittima Barbara Locci.

La scoperta getta nuova luce sulla tragedia avvenuta nella notte del 21 agosto 1968, nelle campagne di Castelletti di Signa (ma anche sull’intera inchiesta e le relative condanne), dove Locci fu uccisa insieme all’amante Antonio Lo Bianco mentre si trovavano appartati in auto. Il piccolo Natalino, allora sei anni, si salvò e fu ritrovato, scalzo e spaventato, dopo aver percorso a piedi circa un chilometro nel buio.

Il test genetico, condotto dal professor Ugo Ricci, ha stabilito che il padre biologico del bambino era Giovanni Vinci, fratello maggiore di Francesco e Salvatore Vinci. I due erano finiti al centro dell’inchiesta nella cosiddetta “pista sarda”, che per anni è stata una delle ipotesi principali sul serial killer delle coppiette, ma da cui furono successivamente scagionati.

Giovanni Vinci, mai indagato formalmente, è però morto da tempo e non potrà mai offrire la propria versione dei fatti. La notizia è stata rivelata oggi da La Nazione, secondo cui Natalino Mele avrebbe dichiarato di non averlo mai conosciuto.

La decisione di eseguire il test genetico risale al 2018, durante le indagini poi archiviate su Giampiero Vigilanti, l’ex legionario di Prato che era stato coinvolto in una delle ultime piste investigative.

Ora resta da capire se questo nuovo tassello possa riaprire interrogativi rimasti irrisolti per oltre 50 anni. Tra questi, uno dei più inquietanti: perché Natalino fu risparmiato quella notte? E come riuscì, a soli sei anni, a uscire da solo dall’auto del massacro e raggiungere una casa lontana un chilometro, nel buio della campagna?

Mentre si attende di comprendere se l’accertamento genetico potrà avere ripercussioni investigative, la vicenda continua a mantenere intatto tutto il suo carico di mistero. Anche a 57 anni di distanza.