Dopo ore di ricerche approfondite sul modello svizzero e su come la Confederazione sia riuscita a integrarsi con l’Unione Europea senza subire imposizioni unilaterali né aderire a un accordo di associazione privo di reali benefici, sono giunto a una scoperta sconvolgente che era sotto gli occhi di tutti: anche San Marino, proprio come la Svizzera, ha già sottoscritto numerosi accordi e protocolli con l’Unione Europea, tuttora validi e giuridicamente vincolanti. Un insieme così articolato e consolidato da rendere di fatto superflua la necessità di un accordo di associazione alla Unione Europea, peraltro richiesto inizialmente dalla stessa San Marino.
I protocolli non sono mero simbolismo, ma strumenti concreti di integrazione in quanto estendono e aggiornano attivamente l’accordo doganale (senza spingersi fino all’associazione o peggio all’adesione) regolano l’accesso semplificato a sistemi e servizi UE e migliorano la trasparenza fiscale e la cooperazione amministrativa. San Marino così beneficia di vantaggi pragmatici, legalità, certezza normativa, interoperabilità senza cedere in blocco la propria autonomia né aderire all’intero diritto comunitario. L’unica cosa è che non avremo fondi europei, come non li avremo con l’associazione.
Incredibile, ma veniamo per gradi.
Si parla tanto, in questi mesi, di “storica opportunità” legata all’Accordo di associazione con l’Unione Europea, come se per San Marino si aprisse d’un tratto una porta mai varcata. Come se fino a oggi la Repubblica di San Marino fosse rimasta chiusa in una bolla fuori dalla modernità, esclusa da qualsiasi relazione o intesa con Bruxelles. È una narrazione suggestiva, ma totalmente infondata.
QUESTO E’ FALSO, COME E’ FALSO CHE RINUNCIANDO ALL’ACCORDO SUCCEDERA’ UNA CATASTROFE
Per chi conosce la storia vera dei rapporti fra San Marino e l’Unione, quella fatta di trattative, firme, protocolli tecnici, accordi monetari, doganali, fiscali e digitali, l’idea che l’associazione sia la prima occasione di integrazione è semplicemente una falsificazione.
La verità è che San Marino è già ampiamente integrata nei meccanismi dell’Unione Europea, ben più di tanti altri paesi formalmente candidati all’adesione. Un’integrazione costruita con metodo, con pazienza, con attenzione chirurgica agli interessi del Paese.
DA POLITICI ILLUMINATI CHE AVEVANO A CUORE IL PAESE, CHE STUDIAVANO E CHE SAPEVANO STARE AL MONDO E LO CONOSCEVANO!
Un’integrazione che non ha imposto cessioni indiscriminate di sovranità, come si vorrebbe fare oggi, ma ha garantito un rapporto bilanciato e mutuamente vantaggioso.
La base di tutto ciò sono i protocolli bilaterali – accordi settoriali – (ACCORDI SETTORIALI COME FA LA SVIZZERA!!) che San Marino ha firmato con l’Unione negli ultimi trent’anni. Si tratta di intese formali, operative, riconosciute, frutto di negoziati internazionali, che hanno consentito al nostro Paese di accedere a una serie di benefici concreti pur mantenendo intatto il controllo della propria normativa e delle proprie competenze. Un durissimo lavoro fatto da tutti gli addetti ai lavori, ora snobbato.
Primo fra tutti, l’ACCORDO DI UNIONE DOGANALE sottoscritto nel 1991 e operativo dal 2002 ha posto San Marino nella condizione di esportare ed importare beni industriali con le stesse regole dell’UE, abbattendo barriere, dazi e formalità che rallentavano il commercio. Da allora, San Marino applica le stesse tariffe doganali dell’Unione Europea, usa gli stessi moduli, parla lo stesso linguaggio tecnico, ed è riconosciuta dai sistemi doganali comunitari.
A questo si è aggiunto un altro tassello fondamentale: l’ACCORDO MONETARIO, che consente a San Marino di utilizzare l’euro come moneta ufficiale e di coniare monete proprie con disegni nazionali. Non è solo una questione simbolica, ma un vantaggio reale: la nostra economia è perfettamente integrata nell’area euro, senza aver dovuto sottostare ai vincoli della Banca Centrale Europea, al Patto di Stabilità o ai meccanismi di governance finanziaria che mettono in ginocchio molti Stati membri.
E non è finita.
San Marino ha firmato accordi sullo SCAMBIO AUTOMATICO DI INFORMAZIONI FINANZIARIE secondo gli standard OCSE, ha esteso la cooperazione in materia fiscale e antiriciclaggio, partecipa al sistema SEPA per i pagamenti europei, ha aderito al sistema del transito comune per le merci e partecipa a numerosi programmi statistici e digitali.
Anche sul piano della SICUREZZA SOCIALE, sono già in vigore convenzioni e regole condivise come in quello della MOBILITA’ DELLE PERSONE. Senza entrare nell’area Schengen, San Marino ha ottenuto trattamenti di favore per i propri cittadini in transito o residenti nei Paesi UE.
Questo mosaico di accordi settoriali è la dimostrazione che un altro modello di rapporto con l’Unione è possibile e può essere solo l’inizio.
È quello che la Svizzera ha scelto da decenni: trattare, firmare, collaborare per settore, valutando ogni ambito in modo tecnico e sovrano, senza accettare pacchetti normativi imposti in blocco.
Chi sostiene che “senza l’accordo di associazione San Marino resterà isolata” mente sapendo di mentire.
L’isolamento è una finzione retorica utile solo a giustificare la RESA POLITICA davanti a un testo che obbligherà San Marino a recepire migliaia di norme europee, molte delle quali del tutto inadatte o sproporzionate per un piccolo Stato.
MA I CITTADINI SAMMARINESI NON VOGLIONO QUESTO E NON SI ARRENDERANNO.
I protocolli oggi in vigore dimostrano invece che San Marino è capace di rapportarsi con l’Unione con intelligenza e flessibilità, scegliendo ciò che serve e rifiutando ciò che è superfluo o dannoso.
La domanda vera è un’altra: perché abbandonare un modello che funziona, riconosciuto e rispettato, per entrare in un meccanismo complesso, sbilanciato e incerto?
Il rischio è concreto: con l’accordo di associazione, San Marino sarà obbligata ad aggiornare costantemente la propria legislazione per recepire quella comunitaria, senza partecipare al processo decisionale che la genera. Avrà solo la possibilità di “essere informata”, non di votare, non di proporre. E dovrà applicare normative pensate per Stati di decine di milioni di abitanti, con apparati amministrativi immensi, su materie come trasporti, ambiente, concorrenza, appalti pubblici, mercato dei servizi e libertà di circolazione. Tutto questo quando già oggi, grazie ai protocolli, San Marino ha accesso a una serie di vantaggi europei mirati e su misura, costruiti CON SAPIENZA con negoziati durati anni, approvati con leggi specifiche, gestibili e reversibili in caso di necessità.
Quello che andrebbe detto chiaramente ai cittadini è che l’accordo di associazione non è un “primo passo”, ma una chiusura netta con il modello di relazioni costruito fin qui.
È l’abbandono del metodo svizzero – graduale, selettivo, intelligente – in favore di un’omologazione totale che non lascia margini di manovra.
E tutto questo in cambio di benefici generici e non garantiti, visto che nessun fondo strutturale è previsto per i Paesi associati, nessun diritto di accesso pieno ai programmi europei, nessuna garanzia per le piccole imprese o per l’autonomia normativa. E mentre il nostro Paese sarà obbligato a rispettare centinaia di direttive, non potrà neppure bloccare flussi migratori, né proteggere i settori economici più esposti alla spietata e feroce concorrenza degli operatori di tutti gli altri paesi europei.
Chi oggi guarda all’Europa con fiducia dovrebbe porsi una domanda semplice: perché la Svizzera, che pure fa parte dell’EFTA e ha firmato oltre 120 accordi settoriali con l’UE, continua a rifiutare ogni tentativo di accordo quadro come quello che San Marino si appresta a firmare?
Perché preferisce la via dei protocolli, della bilateralità, della gradualità?
La risposta è evidente. Perché quel modello tutela la sovranità, protegge l’economia interna e consente un’autentica cooperazione. San Marino non deve imitare gli Stati membri, ma chi ha saputo negoziare con fermezza e pragmatismo.
Invece di cedere a una narrazione apocalittica e semplicistica, sarebbe il momento di rivendicare quanto è già stato fatto da chi ci ha preceduto, con intelligenza e fatica, e di pretendere che ogni nuovo passo sia fondato su chiarezza, reciprocità e interesse nazionale.
Altro che “primo passo”: l’Europa di San Marino è già cominciata da tempo, ma non è quella dell’obbedienza cieca, è quella dell’autodeterminazione consapevole.
E andrebbe difesa, non svenduta.
Marco Severini – direttore GiornaleSM
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