Ricordo sempre con tanta ammirazione e gratitudine l’amico e collega Gerardo Bombonato, il quale fu il primo a instillarmi l’amore per la verità e per la libertà.
Verità e libertà sono i principi cardine sui quali si basa una democrazia.
Concetti che coi venti di guerra che spirano fortissimo anche in Europa, diventano particolarmente concreti, mettendo da parte quella retorica che ha sempre un po’ contraddistinto questo tipo di ragionamenti, dando per scontato – troppo per scontato – che i diritti siano un qualcosa di innato e che nessuno potrebbe mai toglierci.
Sfortunatamente non è così. Il problema, anzi il pericolo, c’è quando quei diritti ci vengono sfilati un pezzettino alla volta, in modo che non ci si accorga della loro sparizione.
Si dà il tempo alle persone di abituarsi, poi si prosegue. Così facendo nel giro di poco si rischia di perdere la propria libertà.
Ecco perché sono molto preoccupato per quanto sta avvenendo in Italia. L’Aula della Camera ha infatti approvato un emendamento che dispone il divieto totale della pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare.
Secondo l’Ordine dei giornalisti se venisse definitivamente approvato “avremmo un black out totale sulle notizie di cronaca giudiziaria e verrebbe inferto un duro colpo al diritto di cronaca. Questa ipotesi di divieto totale non ha nulla a che vedere con il principio di presunzione di innocenza, ma costituirebbe una pesante limitazione del diritto dei cittadini ad essere informati. Ai giornalisti verrebbe impedito di raccontare di arresti, e quindi di ogni azione delle forze dell’ordine e della magistratura, una inaccettabile restrizione di quanto stabilisce la Carta Costituzionale”.
Credo non debba ricordare nuovamente il mio percorso professionale: sono completamente votato al garantismo e alla presunzione di innocenza. Ma qui parliamo di una pericolosissima deriva autoritaria, capace di minare l’equilibrio della nostra democrazia.
Quello che sta accadendo è di una gravità enorme: serve a poco, per dirne una, condannare ferocemente – evidentemente solo a parole – i femminicidi, se poi la gente non potrà essere informata di ciò che avviene.
Per fortuna che c’è la tanto vituperata Costituzione, che ogni tanto qualcuno critica e vorrebbe modificare. E per fortuna che siamo in Europa e che possiamo contare sulla Cedu.
Voglio essere ancora più chiaro. Il Parlamento potrebbe anche decidere che domani tutti quelli che si vestono di blu commettono un reato e perciò vanno arrestati.
Potrebbe farlo, certo. Ma la legge sarebbe anti costituzionale e mai potrebbe entrare in vigore.
Capiterà la stessa cosa con questo obbrobrio liberticida, qualora giungesse mai a definitiva approvazione.
C’è una cosa che si chiama pubblico interesse, che vince su tutto. Ci sono sentenze italiane ed europee, una vasta letteratura in merito, che mi fa dormire sonni tranquilli.
All’opposto, ciò che mi spaventa, è la volontà reiterata da parte di alcuni politici di mettere il bavaglio ai giornalisti, di non comprendere che una stampa libera è essenziale per gli stessi contrappesi che garantiscono ad una democrazia di essere tale.
Se il problema è la strumentalizzazione della cronaca giudiziaria, del gossip sulla pelle delle persone, della mancata attuazione delle norme deontologiche, piuttosto di punire tutti e colpire al cuore la libertà, potenziamo l’Ordine, invece di volerlo abolire, come qualche ignorante – nel senso che ignora questo mestiere – propone a correnti alterne!
La soluzione ai problemi – che innegabilmente esistono – sta proprio nella riforma dell’Ordine, della legge che risale addirittura al 1963.
Una riforma, per essere chiari, che devono proporre i giornalisti e non essere imposta dalla politica.
Io credo che la guardia debba restare altissima, mi aspetto in particolare da parte del mio Ordine professionale, quello dell’Emilia Romagna, una netta presa di posizione, finanche una manifestazione di piazza.
Inaccettabile anche solo pensare di eliminare la cronaca giudiziaria, perché di questo si tratta.
Come ci ha ricordato più volte Mario Calabresi, in ogni angolo del mondo ci sono giornalisti minacciati, picchiati, trascinati in tribunale per spingerli a smettere di “disturbare”, rapiti, uccisi. Ci sono Paesi in cui il “pericolo” viene associato soltanto all’andare a raccontare le guerre all’estero e Paesi in cui ci vuole coraggio a descrivere ciò che accade sotto casa. Ci sono Paesi in cui le due cose convivono.
David Oddone
(La Serenissima)