Come va il mondo? Male. Che dice il cielo? Tuona … di Sergio Pizzolante

Le canzoni hanno questo di bello, hai un pensiero, un dubbio, un timore e il cervello, quasi subito, quasi sempre, ti connette con le parole di una canzone, magari con un suono.
È come se il cervello volesse comunque cercare qualcosa di buono mentre tu pensi male.
Jovanotti:
“come va il mondo? Male!
Che dice il cielo? Tuona!
Che cosa fai? Vivo!”
Cosa facciamo oggi? Sopravviviamo.
C’è da essere esterrefatti, Israele e Palestina, l’Ucraina, Trump, il neonazismo in Germania, L’antisemitismo nelle piazze e nelle università, i partiti e i giornali putinisti in Italia, la Cina comunista a dominazione capital comunista, l’Occidente che si autoaccusa dei mali del mondo mentre i mali del mondo, estremismo, neo fascismo e neo comunismo, tornano ad avanzare.
Che dice il cielo? Tuona!
Abbiamo vissuto gli anni 80/90 cercando di stare a cavallo di un mondo che cercava la libertà per tutti, che conquistava spazi di democrazia, che vinceva i regimi autoritari e totalitari, che guardava ai regimi religiosi e ai fanatismi di ogni tipo con la giusta preoccupazione, un mondo in cui le culture antidemocratiche erano considerate un male, col quale magari dover convivere, a volte,col quale cercare magari compromessi, spesso, ma un male.
Oggi, e avviene con una velocità spaventosa, assistiamo in modo quasi arrendevole, molle, all’avanzata delle culture totalitarie e di ogni fanatismo religioso.
Il mondo sembra aver cambiato paradigma.
Fuori e dentro di noi. Nelle nostre menti anche.
Ormai disabituate a dare importanza ai valori della libertà e della democrazia come quando eravamo ragazzi.
Le piazze si riempiono per Hamas e non per le ragazze iraniane e non per i bambini ucraini e non per le donne afghane alle quali è proibito mostrare il volto, studiare, lavorare, cantare.
Cantare, nemmeno ai tempi della schiavitu’, dai romani alle piantagioni di cotone in America si proibiva agli schiavi di cantare.
Va così il mondo.
Ed ogni calcolo, nel dibattito politico e mediatico, è su quel che conviene, quel che sembra convenga, a noi, adesso subito, mai domani e non solo per noi. Siamo attaccati alla temperatura del termosifone e non vediamo il gelo degli scantinati in Ucraina e il buio freddo delle capanne afghane.
Come dice, con le sue canzoni ancora, Giorgio Gaber, le nostre generazioni hanno perso. Riempivamo le piazze per il Cile e per la libertà e la democrazia ovunque, oggi i ragazzi le riempiono per Hamas, mentre avanzano le culture autocratiche e illiberali.
Prendiamo il neocomunismo cinese, l’unica libertà è il denaro, il capitale, ma col controllo totale del partito unico che nomina un capo a vita. Capitalisti ma non liberi. E’ il nuovo paradigma alla conquista del mondo. E’ arrivato nelle nostre case e nelle nostre menti e non lo vediamo. Soprattutto non lo vedono i nostri ragazzi.
C’era una volta il comunismo che combatteva il Capitale e già ci sembrava un pericolo terribile per il mondo libero, qui siamo al comunismo che ingoia il capitale e ci sembra una cosa quasi divertente.
Controllo assoluto del capitale, dell’economia in patria e fuori, in parte dell’Africa, in parte considerevole in Sud America.
Ma Pechino è entrata anche in casa nostra. In Occidente, in Europa, in Italia.
Avevamo vinto, ci pareva, il comunismo, con l’idea della libertà e del capitale. Senza libertà sarete condannati ad essere sempre più poveri. Era questo il messaggio che aveva vinto negli anni 80. Ma le forze totalitarie e autoritarie, con i cinesi in testa, hanno resettato tutto e ricalcolato il tragitto. Come il computer dell’auto, si incontra un ostacolo o si sbaglia strada e il computer disegna un altro percorso.
Il nuovo comunismo è capital-comunismo.
Cioè, il nuovo messaggio che avanza è: puoi essere ricco senza libertà. E la democrazia è un intralcio per la corsa alla ricchezza.
Il capitale prescinde dalla democrazia. Possono vincere. Stanno vincendo. Perché questo messaggio è entrato dentro di noi. Un partito che teorizzava il più classico degli imbrogli comunisti, l’uno vale uno, sino a costruire la “via della seta” per aprire alla Cina i porti dell’Occidente, e’ diventato, poco fa, partito di maggioranza in Italia.
Vive nei nostri salotti da trent’anni, da quando abbiamo pensato alla “fine della storia”, quando le democrazie vinsero con la politica dei giganti della storia per poi pensare alla fine della politica, perché “il mercato è virtuoso in se”, scivolando sino alla fine dei partiti, dei parlamenti, sino alla demonizzazione, precipitando nel dileggio, dei parlamenti e dei partiti, come se potesse esistere la democrazia senza i partiti.
Vive dentro di noi da quando in parallelo alla fine “della storia”, si è teorizzata la “fine della centralità della politica” a favore della centralità, che in Italia è diventata “sacralità”,
del potere giudiziario.
Sono le corse che ci hanno allenato a pensare in assenza di libertà e democrazia.
Se cambia il paradigma della storia cambia l’ordine dei valori. Se la corsa verso la libertà, la democrazia, la civiltà era la corsa alla medaglia d’oro, col paradigma inverso può vincere la corsa verso la medaglia di ferro: verso, contro,
tutto ciò che è libero, democratico, civile.
E l’insidia arriva da ogni parte, da sinistra come da destra. Allo stesso modo. Perché il totalitarismo come l’autoritarismo possono indossare vestiti neri e rossi, indifferentemente.
Anzi quando arrivano possono avere la pelata di Mussolini, i baffetti di Hitler, i baffoni di Stalin.
Le sembianze di Putin o di Xi o di Trump.
Non è questione nominale. Di destra e sinistra.
E’ questione più profonda. Scava nell’animo umano.
E’ già successo nella storia, più volte. E non mi riferisco solo a 100 anni fa, poco fa: in due anni Mussolini passo’ dallo zero virgola alla maggioranza dei voti, così Hitler, e le piazze erano piene anche a Mosca.
Non mi riferisco solo a questo. Penso a qualcosa che sta dentro di noi, all’uomo, a quel che l’uomo è. Nel senso che è anche questo.
Alle sue metamorfosi.
Ovidio lo spiega nel libro delle Metamorfosi, in cui vengono descritte le diverse età dell’uomo,
da quella dell’oro a quella del ferro, passando da quella argentea e del bronzo. L’età del ferro è caratterizzata da “ogni empietà, fuggirono il pudore e la sincerità e la lealtà, e al loro posto subentrarono le frodi e gli inganni e le insidie e la violenza e il gusto sciagurato di possedere”…Fu in quest’epoca che dal sangue dei Giganti, sparso ovunque, la Terra dette vita a un’altra schiera di esseri umani: “assetatissima di strage crudele, e violenta. Si capiva che era nata dal sangue”.
Andiamo verso la conquista delle medaglie di ferro. E’ una nuova corsa, dentro uno stadio che ci sembra ancora stadio e invece è diventato Arena.
L’Europa politica è l’unico argine possibile per me. Per noi. L’idea, l’ideale, di Occidente. L’argine da rafforzare.
Ed è possibile.
Nonostante i tuoni, in Europa ha vinto una forza solida e responsabile come il Ppe.
E a sinistra non ci sono solo parolai putinisti come Melenchon e Conte.
Non c’è solo la sinistra confusa di Schlein.
C’è il riformismo di Starmer, il risveglio socialista di Glucksmann, l’intelligenza politica di Macron.
E in America. Non tutto è perso.
Smettetela di lamentarvi, fate qualcosa!
Do something!
Sono le nuove parole della politica americana.
E le ha pronunciate una donna, nera, non si chiama Kamala, si chiama Michelle. Obama.
Sono le nuove parole dei democratici, della sinistra, del centro sinistra, del centro e basta forse. Quanto vorrei essere americano adesso.
C’è vita e c’è domani.
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