Alle 9 di lunedì mattina 26 ottobre, scatta l’ora X: verrà letta pubblicamente la relazione della Commissione d’Inchiesta su Banca CIS. Molti mesi di lavoro, anche durante il lockdown, più 12 giorni di proroga, 230 pagine e una ventina di allegati, migliaia di documenti analizzati e una settantina di testimoni ascoltati. Dodici i commissari, divisi a metà tra esponenti di maggioranza e di opposizione, che hanno prodotto una sintesi unanime. Un esito che dovrebbe mettere al riparo dai vari tentativi di inficiarne il risultato (periodico ipotetico di 164esima possibilità).
C’è anche questo tra i mille sussurri che si intrecciano in queste ore di attesa, da una parte all’altra della Repubblica. Pare infatti che siano piuttosto numerosi i nomi che compaiono, attraverso tutta la vicenda, in posizioni scomode. Precisiamo: scomode adesso, che si alza il coperchio del pentolone, mentre prima, probabilmente, facevano parte del gruppo dominante.
Solo sussurri, ripetiamo, perché i commissari, tenuti al massimo riserbo, hanno osservato scrupolosamente la consegna, mentre, forse, qualche testimone potrebbe essersi confidato in via amichevole con qualche esterno e aver alimentato anticipazioni e commenti.
Più difficile mettere a tacere le grida che si alzano da tanti cittadini che non hanno dimenticato alcuni fatti resi pubblici dalle cronache e che pertanto hanno riversato le loro speranze di giustizia sulla commissione d’inchiesta. La quale era stata voluta in contropartita di una risoluzione bancaria (quella per banca CIS) che ha salvato i correntisti e l’immagine di una Repubblica risultata capace di gestire con oculatezza anche una crisi così problematica, ma che comunque è costata molto allo Stato e ai dipendenti licenziati. Quindi, la parola d’ordine è stata: far pagare i responsabili del dissesto.
Va detto, per precisione, che la commissione d’inchiesta è un organismo politico e non ha poteri giurisdizionali. Dovrà essere il tribunale a prendere in mano i risultati dell’indagine e procedere con l’eventuale apertura di fascicoli penali. Ma il giudizio politico e morale su personaggi e vicende, quello nessuno lo potrà togliere ai cittadini.
I quali cittadini non hanno certo dimenticato i contenuti delle 3 ordinanze Morsiani, la famosa telefonata tra Marino e Nicola, la cosiddetta “questione titoli”, il tentativo di operazione Lunalogic, i 13 milioni e mezzo della Leighton Holding non pagati a Cassa di Risparmio.
Un’altra notizia pubblica è arrivata la scorsa estate nella risposta della Segreteria Finanze ad un’interpellanza di Repubblica Futura, proprio su Banca CIS. Alla domanda sulla destinazione dei fondi pensione lì depositati, la risposta è stata che, come tutte le banche anche questa li aveva impiegati in Pronti contro termine. Che però erano stati usati come garanzie per dei finanziamenti mai restituiti. I finanziamenti erano destinati a società straniere, riconducibili alla galassia Grandoni. Quindi persi. Si tratta di 102 milioni di euro di fondi pensione, che politici ed esperti di finanza stanno cercando di riportare a casa. Ma saranno davvero bravi se riusciranno a riprenderne una minima parte.
Sono queste le grida che aspettano una risposta dalla relazione della commissione d’inchiesta. Ma lunedì è davvero vicino.
a/f