Como. Architetto ucciso a colpi di pistola. Agguato in strada. Caccia ai killer

Carabinieri cadavereUN OMICIDIO andato al di là delle intenzioni di chi, mercoledì sera, si è presentato armato di pistola davanti all’architetto comasco Alfio Molteni, interior designer di 58 anni, tornato a vivere con l’anziano padre in una villetta di Carugo dopo la separazione dalla moglie. La prima ipotesi, un agguato premeditato, con i primi riscontri investigativi è svanita: il professionista non è stato raggiunto alle spalle dai colpi di arma da fuoco esplosi da qualcuno che lo aspettava sotto casa: è stato colpito alla gamba e al fianco. Quindi con ogni probabilità ha visto in faccia la persona o le persone che lo hanno ucciso, forse ha parlato con loro. Poi, dopo il primo colpo che l’ha ferito alla gamba, avrebbe cercato di fuggire e sarebbe stato ferito al fianco.
QUINDI non due proiettili esplosi nel buio verso punti vitali, ma una dinamica che appare differente e più improvvisata. A far escludere l’ipotesi della premeditazione, si aggiunge un altro dettaglio: dopo aver ferito Molteni, gli aggressori, almeno due, sono fuggiti con la Volkswagen Polo del figlio del professionista, ritrovata bruciata a Paderno Dugnano, a una ventina di chilometri di distanza. Forse privi di un altro mezzo per allontanarsi velocemente, o lasciato non a portata di mano, hanno preso l’auto con cui la vittima stava uscendo di casa per andare alla stazione.
L’uomo è rimasto a terra, soccorso dal 118 chiamato da un vicino di casa, che lo ha trasportato all’ospedale di Cantù in condizioni drammatiche.
È sopravvissuto poco più di un’ora: alle 22 i medici ne hanno dichiarato il decesso. Quanto alle motivazioni dell’aggressione, che stanno orientando la direzione delle indagini, è stato scartato il contesto familiare e coniugale, unica situazione di criticità indicata, in modo sfumato, da Molteni ai carabinieri quando aveva presentato le denunce per le minacce subite negli ultimi mesi.
I carabinieri del Nucleo investigativo di Como, coordinati dal pm Pasquale Adesso, si starebbero piuttosto orientando verso altri aspetti della vita privata dell’architetto, tra cui quelli professionali o economici.
AL MOMENTO, non è nemmeno certo che le intimidazioni subite negli ultimi mesi siano tutte riconducibili a un’unica persona, la stessa che mercoledì sera lo ha raggiunto sotto casa. A maggio gli era stata incendiata l’auto, una Range Rover parcheggiata nel garage dello studio, a giugno avevano lanciato una bottiglia incendiaria nel seminterrato della sua abitazione, mentre a fine luglio contro quella stessa casa, erano stati esplosi otto colpi di pistola nella tapparella di una finestra. «Ci avevano detto di stare tranquilli – si è sfogato il fratello – e adesso ce l’hanno ucciso».
Tuttavia le indagini sugli atti intimidatori erano aperte da mesi, senza mai ottenere significativi aiuti parte della vittima, ed erano state oggetto anche di una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica coordinato dalla prefettura, che non aveva trovato elementi riconducibili a contesti di criminalità organizzata.

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