
“Il Consiglio d’Europa si occupa della difesa dei diritti umani e non delle questioni belliche…”. Giusto.
Ragion per cui, come ci spiegava ieri Gerardo Giovagnoli dai microfoni della Tv di Stato, “il testo che domani (oggi, ndr) sarà votato contiene la richiesta al Comitato dei Ministri di chiedere alla Russia di abbandonare lo stesso COE”. Giusto?
Secondo il rappresentante sammarinese sì, perchè “le violazioni commesse dal Governo Putin non potevano non determinare una decisione del genere”. Non è il momento di eccepire, di cercare il pelo nell’uovo sulle violazioni dell’una e dell’altra parte in causa. Del resto la guerra è sporca, cinica, crudele e scorretta, specie nell’informazione che trapela da ognuna delle due fazioni in conflitto. Ma non è vero che la guerra è, a priori, sempre sbagliata. Qualcuno può credere che 80 anni fa Hitler si sarebbe potuto formare con i fiori nei fucili e qualche incontro di negoziato? Di certo no…
Ma, come detto, oggi non è il momento dell’individuazione delle colpe e delle responsabilità, dalle quali non si può dire esente l’Unione Europea né, tantomeno, l’alleato americano, l’invaso e, soprattutto, l’invasore. Oggi, quando le sorti del conflitto armato sono già scritte indelebilmente sulla pietra, è il momento di lavorare tutti, dagli States alla più piccola Repubblica del Mondo, per la pace.
Una pace che, invece, qui in occidente, sembra non interessare proprio a nessuno. Neppure al Titano, più impegnato ad isolare l’aggressore che non a favorire il dialogo che possa far tornare i “nemici” a ragionare.
Così, dopo aver “aiutato” il martoriato popolo ucraino privando il popolo russo e le tavole di Mosca delle profumate caciotte Made in San Marino, Giovagnoli si appresta a votare con entusiasmo l’ennesima chiusura ai russi di un pur labile canale di confronto. L’ultimo rimasto aperto fra Europa e Russia.
Certo, il solo voto sammarinese può ben poco al cospetto di una platea di votanti formalmente schierati, in taluni casi già parte attiva al fianco di Zelensky in questa guerra. Ma sarebbe un segnale. Un segnale forte. Una fiondata nell’occhio del Golia “guerrafondaio di pace” europeo, più impegnato a combattere, al fianco dell’amico statunitense, la sua sporca “proxy-war” contro la Russia e il suo “Zar”, che non a fermare i fiumi di sangue che allagano l’Ucraina.
Costi quel che costi, tanto paga, con il sangue, il popolo ucraino, e con una crisi economica che si preannuncia devastante quello -anche- sammarinese!
“Combatteremo fino all’ultimo respiro… degli ucraini!”, ha concluso polemicamente, ieri sera, il suo intervento televisivo, Toni Capuozzo, uno che le guerre le ha vissute e raccontate da dentro, da una parte e dall’altra delle trincee.
Sì, perchè al di là del grido di pace, pace, pace ogni azione europea portata avanti in questa disputa, già molto prima dell’invasione russa -moralmente intollerabile un quanto tale-, è stato innalzare la tensione e chiudere ogni margine di mediazione. Nonostante qualche voce contraria in seno alla stessa Ue, l’Europa non si è posta come elemento di mediazione quando i russi, infastiditi dall’ennesimo passo verso est dei missili balistici Nato, schierarono le loro truppe ai confini con l’Ucraina. E, ancor prima, non ha fatto lo stesso nella sempre più esasperata contrapposizione che minava i rapporti fra i due stati causa la guerra del Donbass, ignorata per otto anni nonostante i pressanti “appelli” russi in tutela di quella minoranza, sì ribelle, ma costantemente discriminata, vessata e bombardata da Kiev e le sue truppe.
Oggi commossi e irritati dalla nostra impotenza ci commuoviamo per i bambini innocenti assassinati. Qualcuno di voi che state leggendo, sapeva che dal 2014 ad oggi avrebbe potuto commuoversi anche per le centinaia di bambini uccisi dalle bombe di Kiev nel Donbass? No, nessuno ce lo ha raccontato con abbastanza decisione e forza…
Ben inteso, un massacro non giustifica un altro massacro. Ma lo stop di un massacro giustifica una guerra e una invasione? Secondo Putin, ma anche secondo i protagonisti di recenti operazioni Nato, sì. Secondo me no, in nessun momento e in nessuna condizione. Ma non è un caso che alle 23 e 51 minuti del 21 febbraio scorso, l’Agenzia Agi diffondeva un lancio titolato: “Putin ordina una missione di ‘peacekeeping’ nel Donbass”. Era una meschina scusa per invadere l’Ucraina e perseguire uno scellerato piano espansionistico russo? Chissà, come tale ci è stato subito presentato da tutti i media generalisti occidentali: noi facciamo guerre umanitarie, loro fanno guerre meschine e di espansione. Sarà anche vero, ma se avessimo mediato affinchè si risolvesse la annosa guerra civile del Dombass, magari facendoci promotori dell’invio dei “Caschi Blu” Onu in quella zona, oggi forse non ci sarebbero i carri armati tutto intorno a Kiev. O, perlomeno, lo “Zar” non avrebbe avuto neppure una parvenza di giustificazione per rendere presentabile la sua azione al popolo russo.
Ma anche questo, ormai, non è più importante. La storia scriverà ogni dettaglio oggi indistricabile di questa ennesima guerra evitabile. Oggi la priorità è far cessare i “bang” delle armi e i “boom” di bombe e missili. E l’unico modo per farlo è alimentare ogni minima occasione, possibilità di confronto sia con gli invasi che -soprattutto- con gli invasori.
Ma San Marino cosa fa? Chiude le ultime porte di dialogo, di confronto. Prima aderendo a sanzioni che, in realtà, non può permettersi e poi contribuendo a cacciare via il “nemico” da ogni possibile sede istituzionale sovranazionale di confronto come potrebbe essere il Consiglio d’Europa.
Risultato: della più grande crisi umanitaria e della guerra nel cuore dell’Europa sembra non fregare nulla a nessuno. Come degli ucraini, bambini compresi, ben sacrificabili nel conseguimento di un obiettivo “superiore”, ovvero l’indebolimento di Putin al suo interno nella speranza che ne determini la caduta. Come se caduto Putin, sempre che il piano possa avere qualche possibilità di successo, anche in Russia sorgesse come per magia la democrazia… Come doveva sorgere in Nord-Africa, del resto, con le Primavere Arabe e le nostre bombe su Tripoli e Bengasi. E vediamo oggi come è andata a finire…
Caro Giovagnoli, sveglia da questo intollerabile e guerrafondaio torpore ipnotico l’Europa, umiliata anche ieri, in Roma, da un vertice che ha visto trattare la più grande crisi europea del dopoguerra in un faccia a faccia Usa-Cina, sotto il naso dei nostri governi. E ciò dopo che il ruolo di mediatore lo avevano rivestito gli israeliani e, addirittura, un democratico pacifista come il turco Eerdogan…
Caro Giovagnoli, oggi, alza al massimo il volume del tuo microfono e “urla” il no di tutta la Repubblica di San Marino alla chiusura dell’ultimo, certo, forse insufficiente e inutile, canale di contatto che resta fra Russia ed Europa… Striglia che cerca la pace solo inviando armi e provocando l’invasore. Striglia chi dalla nostra Europa urla pace e questa guerra, in fondo, seppure per “interposta popolazione”, è colui che la alimenta e combatte con grande veemenza e decisione…
Urla! E ridarai dignità al popolo sammarinese, gente dalla gloriosa tradizione di neutralità e di pace.
Enrico Lazzari