Conte gioca d’azzardo in Ue e scatta il piano d’emergenza

L’esecutivo di Giuseppe Conte ha poco più di 45 giorni per completare la definizione dei piani da presentare alla Commissione Europea per ottenere lo sblocco della prima tranche di fondi legati al piano Next Generation Eu. Proponendo la sua manovra operativa entro il 15 ottobre, infatti, Roma potrebbe richiedere il 10% di prefinanziamento del Recovery Fund – circa 20 miliardi di euro – che l’Italia può ottenere già all’inizio del 2021.

Già a metà agosto la questione si era fatta pressante, dopo che le prime riunione esplorative del Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (Ciae) non avevano segnato una brusca accelerazione in tal senso. Per compattare le diverse pressanti necessità e le scadenze sempre più impellenti del governo e degli iter parlamentari, da confrontare con le rigide tabelle di marcia europee, nel governo M5S-Pd sta prendendo sempre più piede l’ipotesi di vincolare il Recovery Fund alla manovra di bilancio, che va consegnata entro il 15 ottobre a Bruxelles. Così facendo l’esecutivo otterrebbe il risultato di raddoppiare a costo zero la dotazione prevista inizialmente per la legge di bilancio. Dopo le spese e gli investimenti messi in campo nella prima fase dell’emergenza, sinora contraddistinti da svariati problemi operativi, Conte e il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri si erano inizialmente orientati su una legge di bilancio snella, senza extra-deficit, dal valore di 25 miliardi di euro. Una dotazione che ora i giallorossi mirano a raddoppiare, anche per puntellare politicamente la loro posizione messa a repentaglio dalle fibrillazioni interne alla maggioranza e dall’incerto avvicinamento all’appuntamento elettorale di fine settembre.

“Bisogna intanto mettere giù i progetti”, fa notare Repubblica. “Sin qui ne sono arrivati 534 da ministeri ed enti locali al Ciae, il Comitato interministeriale per gli affari europei coordinato dal ministro Pd Enzo Amendola”. L’assalto alla diligenza è stato guidato con forza da numerosi consigli regionali e da numerosi parlamentari che hanno valorizzato i legami con i territori di appartenenza: dalla proposta di un’autostrada a quattro corsie in Molise all’idea dell’alta velocità ferroviaria in Sicilia, numerose le idee e le proposte messe sul tavolo. Scegliere sarà complesso: “Non sarà uno svuota cassetti”, sottolinea a Repubblica una fonte di Palazzo Chigi: il governo si impegna a portare di fronte all’Ue progetti ideati ex novo, non vecchi piani ripescati per l’occasione. Il prossimo appuntamento è per il 9 settembre: lì si farà il punto, in vista del primo appuntamento formale verso la legge di bilancio, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NaDef) che il governo deve presentare entro il 27 settembre.

La scommessa dell’esecutivo è a dir poco ardita. Si tratta di fare una scelta netta tra i progetti, impegnarsi a strutturarli nel migliore dei modi, garantire tempi certi e, fattispecie da non scordare, essere pronti ad ascoltare le condizionalità che l’Ue proporrà in cambio dell’erogazione dei fondi. Il tutto mentre il calendario politico propone, parallelamente alla strutturazione della manovra, il referendum costituzionale, le elezioni regionali, la conversione in legge di tre decreti promossi recentemente dal governo (Semplificazioni, Dl Agosto e decreto sullo stato d’emergenza), la discussione sul fondo salva-Stati, la strutturazione della nuova legge elettorale, le conseguenze della nuova emergenza migratoria. Senza contare il fatto che Roma dovrà dribblare, sul Recovery Fund, il rischio che Paesi come l’Olanda, favorevoli al rigore sui conti, attivino il cosiddetto freno d’emergenza, nuova disciplina introdotta col Recovery Fund che dividerà tra Paesi e Commissione i poteri per lo sblocco dei fondi garantiti dal bilancio comune a un Paese richiedente e consentirà a qualsiasi capitale europea di imporre un “pulsante di stop” temporaneo all’erogazione dei fondi.

Contando che la finestra temporale tra il 15 ottobre e la fine dell’anno è di poco più di due mesi, c’è il rischio serio per il Paese di finire in esercizio provvisorio nel caso in cui l’approvazione della manovra non arrivi a buon fine entro il 31 dicembre. Nulla di estremamente grave in circostanze normali, ma non nel pieno della pandemia e della recessione più gravi del secolo: e se pensiamo che proprio la necessità di evitare l’esercizio provvisorio fu una delle motivazioni che spinse M5S e Pd a coalizzarsi dopo agosto 2019, si capisce il quadro problematico che la mossa del governo potrebbe comportare. Molto dipenderà dalla capacità di programmazione strategica degli investimenti che si vorranno inserire nel piano: ma considerato il caos visto fino a questo punto, dubbi più che legittimi aleggiano sul tema.


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