Non solo latitanti: chi ha scontato la pena ha avuto nuove opportunità. Persino in politica e nel mondo delle università.
«Sono felice che esistano Paesi come il Brasile in cui l’ergastolo non è contemplato». L’ex brigatista Barbara Balzerani si felicitava così nel settembre 2011 parlando della – buona – sorte capitata a Cesare Battisti.
Non era l’unica a esultare. Sergio Tornaghi, esponente di spicco della colonna milanese «Walter Alasia» e mai estradato dalla Francia, qualche mese prima si era detto sicuro che il Brasile non avrebbe mai tradito l’ex terrorista dei Pac. E infatti Lula all’epoca negò la sua estradizione. Ora sembra che la parabola di Battisti possa vedere un epilogo italiano, ma il filo rosso di impunità, sberleffo, compiacenza e perdono che collega il nostro paese con gli ex terroristi non si spezzerà mai.
Quando siamo riusciti a far scontare qui la loro la pena, gli ex terroristi sono finiti poi nell’orbita di cooperative, Caritas, università, Rai, sindacati e ministeri. Quasi come una sorta di risarcimento sociale.
Qualche esempio? Roberto Del Bello, ex brigatista della colonna veneta, ha lavorato al Viminale come segretario particolare del rifondarolo Francesco Bonato. Pagato coi soldi dello Stato, lo stesso Stato che in passato voleva annientare. Maurizio Iannelli, uno dei componenti della colonna romana condannato a due ergastoli, dal 1999 ha iniziato a lavorare in Rai come autore di documentari impegnati e di programmi tv.
Sergio D’Elia, ex dirigente di Prima linea, è stato eletto deputato con la Rosa nel Pugno. La Balzerani ha lavorato con la coop «Blow Up» di Trastevere specializzata nell’informatica musicale e ha scritto alcuni libri, tra cui «Compagna luna» per la Feltrinelli. E nel 2013 a Messina proprio alla presentazione di quel volume dichiarava fiera: «Io non sono e non sarò mai un ex brigatista, sono sempre io con le mie idee. Nessuno può chiedermi di dissociarmi dalle mie idee. Nel libro racconto la mia storia e ammetto di essere colpevole di tanti reati, ma penso che ci siano tante responsabilità in quel pezzo di storia d’Italia».
Già, la storia d’Italia. Una storia ancora piena di lacune che gli ex terroristi non aiutano a colmare. Nel maggio scorso il deputato Pd Gero Grassi componente della commissione d’inchiesta sul caso Moro ha denunciato «la paradossale situazione di ex brigatisti che rifiutano un confronto con l’organismo parlamentare ma vestono i panni di conferenzieri negli istituti scolastici». Il riferimento a Renato Curcio, ideologo delle Br che ha girato l’Italia salendo in cattedra in scuole e università, non è puramente casuale. Stesso dicasi per Alberto Franceschini, cofondatore delle Br, o per Adriana Faranda invitata nel 2016 a partecipare a un corso di formazione per i giudici.
Gli ex terroristi insomma sono rientrati a pieno titolo nella società. Merito anche delle cooperative e della sinistra che li hanno aiutati nel reinserimento. Anna Laura Braghetti, la carceriera di Aldo Moro condannata all’ergastolo e ora in regime di semilibertà, ha lavorato nell’associazione di volontariato «Ora d’aria» vicina ai Ds e anche in un’agenzia del ministero del Lavoro.
Non si può non citare poi Silvia Baraldini, condannata dalla giustizia americana a 43 anni di galera per associazione sovversiva, che nel 2002 ha collaborato con la giunta Veltroni in Campidoglio come consulente sul lavoro femminile. Susanna Ronconi ha avuto consulenze da Asl, Comuni e dal ministro Livia Turco; Eugenio Pio Ghignoni, condannato nel processo Moro, lavora all’Università Roma Tre ed è stato segretario della Flc Cgil di Roma e Lazio. Tra gli ex di Prima Linea, Marco Solimano è stato consigliere dei Ds al Comune di Livorno e il fratello Nicola consulente della Regione Toscana per la nuova legge a tutela dei popoli Rom e Sinti. Per chiudere il cerchio ci manca solo che a Battisti venga assegnata pur una poltrona. Il Giornale.it