L’Organizzazione mondiale della sanità si corregge. La minaccia che l’epidemia di coronavirus scoppiata in Cina pone al resto mondo non è “moderata”, come aveva scritto in cinque rapporti, bensì “elevata”. Un “errore di formulazione”, così lo ha definito, emendato nella sesta e più recente relazione sul contagio, diffusa ieri. Ma una svista che continuerà a far discutere sulla prontezza di riflessi dell’organizzazione nel rispondere alla crisi. La scorsa settimana infatti la stessa Oms, che aveva riunito il suo comitato di emergenza, non ha ritenuto di dichiarare il coronavirus una “urgenza di sanità pubblica di portata internazionale”, etichetta data in passato ad altre epidemie come l’H1N1, Zika o Ebola. Questa (non) decisione resta confermata, nonostante il ravvedimento di ieri sul livello di rischio.
Una cosa è certa: in Cina il pericolo è “molto elevato”, sia per l’Oms che stando al bilancio dell’epidemia, in continuo aggiornamento. Ieri i morti sono arrivati a 106, con 4000 contagiati. L’epidemia di Sars del 2003 aveva provocato in tutto 774 vittime. Le autorità di Pechino hanno anche dato notizia del primo decesso nella capitale, conferma dell’espansione geografica del contagio: un uomo di 50 anni che era andato a Wuhan l’8 gennaio, ripartendo una settimana dopo. La polmonite generata dal virus si è rivelata fatale.
Una situazione non ancora critica, specie se confrontata con i quasi 1.500 dello Hubei. Il premier Li Keqiang, che il presidentissimo Xi ha messo a capo del comitato di emergenza incaricato di gestire la crisi, è arrivato in visita a Wuhan, epicentro dell’epidemia ora in quarantena. Proteggendosi con la mascherina ha incoraggiato con un tipico jia you, “aggiungi olio”, i medici degli ospedali e gli operai del cantiere della nuova struttura da mille posti letto, che dovrebbe essere completata a tempo di record entro domenica. In Rete però cresce la rabbia verso le autorità locali, il sindaco di Wuhan e il governatore dello Hubei, giudicati da molti cittadini responsabili per aver sottostimato nei primi giorni la gravità del contagio. Anche i media di regime li hanno attaccati: passata l’emergenza, è probabile siano i primi a pagare.
Restano in sospeso anche gli stranieri residenti a Wuhan, tra cui unasessantina di italiani. Oggi, secondo il programma ufficiale, dovrebbe lasciare la città il Boeing inviato dal governo Usa per rimpatriare i diplomatici del consolato e alcuni cittadini, direzione San Francisco. Una serie di altri governi, tra cui Giappone, Regno Unito, Germania, Francia e Italia, stanno a loro volta mettendo a punto piani di evacuazione. Sia Tokyo che Parigi hanno parlato di voli charter che dovrebbero partire in settimana, forse già oggi nel caso giapponese. Dopo aver offerto ai cittadini italiani una via d’uscita “via terra”, con due settimane di quarantena in un’altra città cinese, ieri anche l’unità di crisi della Farnesina ha detto che sta valutando l’ipotesi del rimpatrio diretto via aereo, ma senza fornire tempi precisi e spiegando che tutto dipende dall’autorizzazione cinese. Il ministero degli Esteri spiega che il dossier è gestito a livello europeo e assicura che non ci saranno trattamenti diversi per i cittadini dei vari Paesi Ue.