Ad avviare gli accertamenti fiscali è stato il nucleo di polizia tributaria della GdF di Rimini che ha incrociato i nominativi dei giudici sammarinesi con l’archivio del fisco italiano.
E’ emerso che alcuni non hanno mai presentato dichiarazione dei redditi in Italia, altri l’hanno fatta per altri redditi ma per i soldi percepiti a San Marino. Dunque le ipotesi di reato potrebbero essere l’omessa dichiarazione o l’infedele dichiarazione.
Però a far scattare il reato penale occorre l’evasione superiore a 180.000 euro mentre gli stipendi dei giudici sammarinesi variano da 80.000 a 130.000 mila euro.
Un ulteriore elemento di difficoltà delle indagini è la necessità di acquisire informazioni da San Marino. Come si da altrimenti a capire se la soglia dei 180.000 euro è stata superata?
E’ plausibile poi che molti magistrati incassino lo stipendio su conti di banche sammarinesi. Ma è assai dubbio che la Repubblica posssa essere collaborativa su accertamenti della Finanza Italiana nei confronti dei suoi magistrati.
Ogni posizione sarà un caso a se ma appare improbabile che venga superata la soglia dei 180.000 e dunque si instaurino dei procedimenti penali.
In caso di archiviazione partirebbe il procedimento amministrativo per evasione e a quel punto, ripercorrendo a ritroso 5-6 anni di mancate o infedeli dichiarazioni e se l’accertamento fosse positivo, le multe potrebbero arrivare a 400-500 mila euro per ogni giudice.
E’ chiaro pero che gli effetti di questa indagine travalicano già oggi la prospettiva penale o amministrativa.
Il Profilo più alto e le prime reazioni fanno intravedere il piano dello scontro: una questione di Stato.
Dice uno dei magistrati al più alto livello: ”Tutti insieme accusati? Lascia pensare. Da sempre i giudici di San Marino sono italiani, proprio oggi si svegliano?”
Sullo sfondo resta il problema vero e irrisolto tra i due Paesi: lo scambio automatico di informazioni, comprese quelle sui conti correnti bancari. Il Titano non molla, l’Italia aspetta. Come i cinesi sul fiume, sospettano a San Marino.
Mario Gerevini