Corte Milano, ‘ministero rassicurò Usa su domiciliari Uss’

Il Ministero della Giustizia il 6 dicembre rispose ad una lettera del Dipartimento di Giustizia degli Usa del 29 novembre, che aveva evidenziato il rischio che l’imprenditore russo Artem Uss, per cui erano stati decisi i domiciliari il 25 novembre, potesse fuggire, e nella risposta chiariva che la decisione sulla misura più idonea era di esclusiva spettanza della Corte d’Appello di Milano. E precisava che la misura decisa era stata resa più sicura con l’applicazione del braccialetto elettronico. Emerge dalla risposta, attraverso una relazione e allegati, fornita dalla Corte d’Appello al Ministero dopo le richieste di chiarimenti. 

Nella missiva inviata il 6 dicembre dal ministero al Dipartimento Usa, e trasmessa alla Corte d’Appello milanese il 9 dicembre, viene rappresentato come sia di esclusiva spettanza della competente Corte d’Appello italiana, ossia di quella milanese, stabilire quale sia la misura cautelare più idonea. E si chiarisce, comunque, che nell’ordinamento giuridico italiano la misura cautelare degli arresti domiciliari, che nel caso di Artem Uss è stata resa più sicura dall’applicazione del braccialetto elettronico, è in tutto equiparata alla misura cautelare della custodia in carcere. Decidendo per i domiciliari il 25 novembre, dopo l’arresto di Uss a Malpensa il 17 ottobre (era stato detenuto nel carcere di Varese), i giudici della quinta penale d’appello (collegio Fagnoni-Curami-Caramellino) hanno valutato quella misura idonea per contenere il pericolo di fuga, dato il radicamento dell’imprenditore sul territorio italiano con interessi anche patrimoniali e anche perché era proprietario di un’abitazione all’interno di un complesso residenziale, acquistata dalla moglie l’estate precedente. Per i domiciliari affittò un altro appartamento in quella ex cascina a Basiglio (Milano), perché l’immobile acquistato era in fase di ristrutturazione. Inoltre, emerge sempre dalla relazione della Corte milanese, a Uss era stato anche tolto il passaporto, con l’ordinanza dei giudici, e la moglie aveva avviato anche una pratica per il rilascio del permesso di soggiorno, dopo l’acquisto dell’abitazione, e aveva pure iscritto, emerge dagli atti, i figli a scuola.

La Corte d’Appello di Milano, dopo aver deciso il 25 novembre i domiciliari per Artem Uss (eseguiti il 2 dicembre quando venne reperito il braccialetto elettronico), non poteva aggravare d’ufficio la misura cautelare se non nel caso di violazioni dei domiciliari, ma la Procura generale poteva fare ricorso chiedendo il carcere e anche il ministero della Giustizia, in base alle norme, poteva chiedere in qualsiasi momento l’aggravamento della misura, ossia la carcerazione. E’ un passaggio, da quanto si è appreso, dei chiarimenti forniti in una relazione dalla Corte d’Appello di Milano al ministero sul caso della fuga del 40enne russo.

Artem Uss “ha intrapreso un percorso di progressivo spostamento del centro dei propri interessi economici e familiari in Italia”, ha “dimostrato di disporre di una abitazione” a Basiglio, nel Milanese, e “in questa situazione familiare non è più necessario il mantenimento della misura più afflittiva” del carcere. Così scriveva la Corte d’Appello di Milano nell’ordinanza del 25 novembre con cui ha disposto i domiciliari con braccialetto elettronico per l’imprenditore russo, poi scappato il 22 marzo, il giorno dopo che i giudici avevano dato il via libera all’estradizione richiesta dagli Usa. Una misura, quella dei domiciliari, che, secondo i giudici Fagnoni-Curami-Caramellino, risultava “idonea a garantire l’eventuale consegna della persona all’Autorità estera procedente”, ossia agli Stati Uniti. Sempre nell’ordinanza, allegata dalla Corte milanese alla relazione di chiarimenti richiesta dal ministero della Giustizia sul caso, i giudici scrivono anche che dai documenti fatti avere dall’autorità giudiziaria americana non si poteva desumere – a sostegno del pericolo di fuga come riportato nella convalida dell’arresto – che il 40enne si fosse “allontanato dal luogo di commissione” dei reati contestati dagli Usa. Non risulta, infatti, scrive la Corte, che “egli si sia mai recato in detti luoghi (New York e Distretto di New York)”.

Quando era stato convalidato l’arresto con la custodia in carcere (fu portato nel penitenziario di Busto Arsizio), un giudice della Corte aveva scritto nel provvedimento che il pericolo di fuga era giustificato dai suoi “appoggi internazionali”, dalla “assenza di una fissa dimora in Italia” e dalla “entità della pena” che avrebbe dovuto scontare negli Usa. I giudici a fine novembre, poi, accogliendo l’istanza dei domiciliari, hanno fatto proprie le argomentazioni della difesa, ossia che il 40enne stava radicando i suoi interessi in Italia, anche perché aveva effettuato investimenti immobiliari. In particolare, attraverso una società cipriota controlla un’altra società proprietaria di un hotel di lusso in provincia di Sassari. Poi la moglie nel giugno 2022 ha comprato un appartamento a Basiglio, preso come “prima casa” e con “dichiarazione di trasferire, entro 18 mesi, la residenza” nel comune in provincia di Milano. La difesa aveva anche fatto notare che l’imprenditore, quando fu arrestato a Malpensa il 17 ottobre, era in compagnia della moglie, era stato “qualche giorno” a Milano e stava “rientrando (via Turchia) in Russia”. Uss, per i giudici, “ha dimostrato di disporre di una abitazione” e la “moglie ha dato la disponibilità” ad accoglierlo nella casa presa in affitto, vicino a quella comprata e in ristrutturazione.

Il procuratore generale di Milano Francesca Nanni, nell’ambito del caso di Artem Uss, ha chiesto alla Procura milanese informazioni sul sequestro di due cellulari e di carte di credito dell’uomo avvenuto solo il 13 marzo in seguito a una rogatoria Usa arrivata qualche giorno dopo l’arresto. Uss è stato bloccato il 17 ottobre a Malpensa. Rimasto in cella fino al 2 dicembre, quando è ritornato a casa in Italia, ai domiciliari, gli sono stati restituiti i telefoni e le carte di credito. Lo si apprende in ambienti giudiziari.


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