Dopo cinque anni di indagini, la Commissione Europea presenterà oggi una serie di accuse contro la società statunitense Google per avere violato diverse leggi antitrust dell’Unione Europea. La notizia non è ancora ufficiale ma è stata comunicata da alcune fonti al Wall Street Journal, di solito molto affidabile su questo tipo di informazioni (e che l’aveva già preannunciata due settimane fa). La responsabile dell’antitrust europea, Margrethe Vestager avrebbe deciso di presentare formalmente le accuse ieri dopo essersi consultata con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, e dovrebbe ufficializzare la sua decisione nella giornata di mercoledì durante un incontro con gli altri commissari.
L’accusa per Google è di utilizzare il suo motore di ricerca per mettere in evidenza e favorire gli altri suoi servizi, penalizzando di fatto quelli offerti dalla concorrenza. Google controlla il 90 per cento circa del mercato dei motori di ricerca in Europa e secondo diversi osservatori gode di una posizione dominante che lascia pochissimo spazio ai concorrenti. In alcune aree come le informazioni sui viaggi, sulle mappe e sugli acquisti online, Google propone i suoi servizi nelle pagine dei risultati per affinare le ricerche o fornire direttamente informazioni senza che gli utenti debbano visitare altri siti, cosa che secondo i gestori di servizi simili impedisce di essere concorrenti alla pari.
Per cinque anni l’antitrust europea ha indagato su diversi comportamenti di Google ritenuti dannosi per la concorrenza:
• nei risultati di ricerca Google mostra link ai suoi servizi per fare ricerche mirate: per esempio per l’acquisto di prodotti o per trovare un locale nelle vicinanze, e secondo l’UE in questo modo si riducono le possibilità per servizi simili di avere una loro visibilità;
• i sistemi di Google estraggono spesso informazioni da altri siti per dare risposte direttamente nelle pagine dei risultati, rendendo superflua la visita alla fonte dell’informazione, cosa che secondo la Commissione Europea avviene in molti casi senza autorizzazione;
• Google stringe accordi commerciali per favorire il suo sistema di pubblicità online a scapito di quelli della concorrenza, dice sempre la Commissione;
• secondo l’indagine dell’Unione Europea, Google impone agli sviluppatori di siti e applicazioni contratti che impediscono di passare facilmente a servizi diversi dai suoi per la pubblicità online.
Oltre alle accuse che riguardano il motore di ricerca e i servizi annessi, la Commissione ha avviato da tempo e in parallelo un’indagine esplorativa che riguarda direttamente Android, il sistema operativo per dispositivi mobili di Google e il più diffuso al mondo. Diversi sviluppatori accusano da tempo Google di avere realizzato un sistema che di fatto obbliga a usare lo store online Google Play per acquistare le applicazioni, rendendo marginali tutti gli store alternativi per l’acquisto di app. L’indagine su Android potrebbe essere formalizzata nei prossimi giorni.
Sulla base delle accuse che dovrebbero essere presentate oggi, la Commissione Europea potrebbe sanzionare Google con multe estremamente costose, fino a 5,6 miliardi di euro. All’azienda potrebbe anche essere imposto un cambiamento nel modo in cui gestisce il proprio motore di ricerca, con evidenti conseguenze per le sue capacità di ottenere ricavi da questo tipo di attività.
Dopo la formalizzazione delle accuse, Google avrà tre mesi di tempo per rispondere e potrà anche richiedere un’audizione davanti alla Commissione per chiarire meglio la propria posizione. Se l’antitrust decidesse di proseguire con le accuse, Google potrebbe provare a fare appello alla Corte di giustizia europea, che negli ultimi anni ha comunque dimostrato di essere quasi sempre dalla parte della Commissione. La Corte potrebbe metterci anni prima di esprimersi e nel frattempo l’antitrust avrebbe la facoltà di imporre la sospensione di alcune attività di Google ritenute dannose per la concorrenza.
Google nell’ultimo anno ha dovuto fare i conti con diverse decisioni in ambito europeo poco favorevoli ai suoi interessi. A novembre 2014 il Parlamento dell’Unione Europea ha votato una risoluzione non vincolante con la quale invita la Commissione a fare in modo che il motore di ricerca sia separato dal resto dell’azienda statunitense, sempre per motivi antitrust. Ancora nel 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che i cittadini europei hanno il diritto di chiedere a Google e agli altri motori di ricerca di eliminare dalle loro pagine dei risultati i link verso contenuti che li riguardano, nel caso in cui li ritengano “inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati”. La decisione ha fatto molto discutere, perché secondo la Corte i link devono essere rimossi dalle pagine dei risultati, ma i contenuti cui rinviano possono comunque continuare a esistere normalmente online. In pratica il concetto è di rendere quei contenuti molto più difficili da trovare, senza eliminarli.
Il Parlamento francese sta intanto discutendo una serie di iniziative che potrebbero obbligare Google a rivelare il funzionamento dei suoi algoritmi usati per stabilire l’ordine di importanza dei link nelle sue pagine dei risultati. Questi algoritmi sono segreti per evitare che i gestori dei siti ne approfittino per avvantaggiarsi, anche quando propongono contenuti di scarsa qualità, ma secondo i promotori dell’iniziativa in Francia l’eccessiva segretezza rende il sistema poco trasparente. Il processo di approvazione di una legge che obblighi Google a rivelare informazioni sul suo funzionamento sarà comunque lungo e dall’esito poco scontato: per ora ne sta discutendo il Senato francese, poi toccherà alla Camera e sarà anche necessario il sostegno del governo.
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