Negli ultimi giorni la polemica politica italiana si è incentrata sul tema di chi fu, effettivamente, il promotore del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Il premier Giuseppe Conte ha accusato i leader dell’opposizione, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, di aver sostenuto il governo che avviò la negoziazione del Mes. La quale è stata effettivamente portata avanti dal governo Berlusconi IV, in carica fino alla famosa tempesta dello spread del novembre 2011. Conte ha detto una mezza verità, però: il Mes nella sua forma attuale è stato infatti approvato e ratificato dal governo Monti succeduto alla guida dell’esecutivo tecnico insediatosi a Palazzo Chigi dopo l’uscita del Cavaliere.
La polemica ha coinvolto lo stesso Monti e l’ex ministro dell’Economia di Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti. Il navigato politico ed accademico valtellinese, in particolare, si è dovuto difendere da una serie crescente di accuse decisamente ingenerose circa il suo effettivo ruolo nella promozione del Mes nella sua forma attuale. Vale, tra tutti, un articolo de Il Foglio in cui Tremonti è indicato come “firmatario” del Mes stesso. Nel contesto odierno Internet e la possibilità di compiere una rapida operazione di open source intelligence su fonti di prima mano aiutano a chiarire la questione al di là di ogni polemica faziosa.
In primo luogo, Tremonti firmò effettivamente una bozza del Mes. Pensata però per essere radicalmente diversa da quella poi approvata dal governo Monti, come del resto ricordato in sede parlamentare dagli allora ministri degli Esteri (Giulio Terzi di Sant’Agata) e degli Affari Europei (Enzo Moavero Milanesi) del governo tecnico. Nella relazione dei due ministri sul disegno di legge di ratifica del Mes si legge infatti che “Il Trattato che istituisce un Meccanismo europeo di stabilita` (Mes) è stato sottoscritto dai 17 Paesi dell’eurozona il 2 febbraio 2012, in una nuova versione che supera quella sottoscritta l’11 luglio 2011 (che non e` stata avviata a ratifica in nessun paese dell’eurozona)”. La versione sottoscritta nel luglio 2011 è quella a cui lavorò Tremonti, come ricordato dall’ex ministro nella risposta a Il Foglio.
In secondo luogo, è bene ricordare che nell’intenzione di Tremonti il Mes era inteso come il fondo destinato ad emettere gli Eurobond da lui proposti assieme a Jean-Claude Juncker nel 2010 con un editoriale sul Financial Times. Eurobond che avranno in continuazione di fronte la sfida della cancelliera tedesca Angela Merkel, il cui il ministro dell’Economia, Philipp Roesler, espresse con forza la contrarietà del suo esecutvo: “La Germania verrebbe punita nonostante la sua buona politica economica”. Alleato dell’Italia avrebbe potuto essere, in altre condizioni, la Francia. Ma Nicolas Sarkozy, ambiguo verso l’Italia e desideroso di parlare alla Merkel da parigrado, finì per accodarsi alle sue posizioni cedendo sul terreno della rinegoziazione del Mes nella forma attuale. A governo Berlusconi già caduto, Sarkozy capitolò il 5 dicembre 2011 dichiarando: “Gli eurobond non
sono la soluzione, non possiamo rischiare una divergenza tanto grande tra le due economie più grandi d’Europa”.
Infine, ad avere scheletri nell’armadio è lo stesso Monti. Lo spread fu il movente politico con cui Berlusconi venne disarcionato ma, al tempo stesso, per mesi rimase la pistola alla tempia del governo tecnico, costretto a agire in assenza completa di linee guida in Europa e nel mondo. Quello che firmò il Mes nella sua forma attuale era un governo che, nonostante tutti i proclami, si trovava di fronte uno spread coi Bund tedeschi superiore ai 500 punti e che, se da un lato aveva tutto l’interesse per il Paese a sostenere gli Eurobond, dall’altro era dipendente dal consenso comunitario per la sua sopravvivenza. I dati economici insegnano che un “effetto Monti” sulla stabilità italiana non è mai esistito, e che la differenza tra l’era Berlusconi e il governo dell’ex rettore della Bocconi fu data unicamente dall’avvicendamento tra Trichet e Mario Draghi alla Bce, con conseguente svolta politica.
La polemica attorno alla condotta di Tremonti nel 2011 è dunque fuorviante e rappresenta un attacco politico a freddo: i documenti e le fonti diretti del periodo insegnano che il Mes firmato da Tremonti e quello ratificato dal governo Monti sono due trattati differenti, e che il punto di caduta fu la scelta di Monti di non insistere più sulla richiesta di strumenti di mutualizzazione del debito. Fonte dell’instabilità dell’Italia negli anni del suo esecutivo. Il Giornale.it