«Il senso dell’ironia è una grande garanzia di libertà». Chissà se la frase di Maurice Barrès, scrittore e politico francese di fine ’800, non sia stata fonte d’ispirazione del ragionier Pulvirenti.
Quando, nel giugno scorso, la Digos di Catania lo arresta nell’ambito dell’inchiesta ‘I treni del gol’, accusato (ha poi confessato) di aver comprato alcune partite di Serie B per salvare il Catania, il capo della procura etnea Giovanni Salvi racconta che, nelle intercettazioni, Pulvirenti parlava «tra il ferroviario e il giudiziario». Evidentemente, i viaggi li aveva nel sangue, mentre lo slang da tribunale doveva essere una sorta di premonizione. Lui, il ragionier Pulvirenti, in quelle chiacchierate è il «magistrato», la partita da comprare «l’udienza», il prezzo la «parcella». L’ironia indubbiamente c’è. Il senso di libertà, con gli arresti domiciliari, no.
Antonino Pulvirenti, 54enne da Belpasso in provincia di Catania, è l’incarnazione della favola all’italiana. È l’imprenditore ‘low’ che parte da zero e, nei primi anni ’90, ha un’idea brillante in una terra difficile, la Sicilia. Quell’idea è puntare sui supermercati hard discount. Ne apre uno con il marchio Fortè e, nel giro di qualche anno il ragioniere di Belpasso – territorio controllato da un suo omonimo e uomo di fiducia del capomafia Nitto Santapaola – arriverà ad averne 85 sparsi in tutto il Mezzogiorno, mentre fonda la Sedes, azienda di prodotti per la pulizia della casa. Un doppio boom che racconta di un fatturato da 200 miliardi di lire. In quegli anni, nel 1993, inciampa per la prima volta nella giustizia, quando la Finanza lo arresta con l’accusa di estorsione e calunnie.
Il ragioniere ambizioso, sa bene che in questo Paese sei qualcuno solo se hai una squadra di calcio. E allora nel 1999 s’affaccia nel mondo dei professionisti con l’Acireale. L’avventura gli piace, ma vuole di più. A maggior ragione quando, nel 2003, dalle ceneri dell’Air Sicilia fonda la Wind Jet, risposta tricolore alla Ryanair. Nel 2004 rileva il Catania da Luciano Gaucci per 15 milioni e in due anni arriva in serie A. Il clamore di quel decollo nel mondo del pallone, copre la dura contestazione del personale Wind Jet che, nel 2005 lo accusa di presunte minacce e comportamenti anti sindacali. In quegli anni è al massimo dell’espansione. Oltre ai supermercati, il Catania e Wind Jet, il suo impero conta due alberghi di lusso (700 euro a stanza) a Taormina e uno a Belpasso e la catena di ristorazione «Sorsy e Morsy». E si gode il successo dell’Etna golf, esclusivo ‘green’ alle pendici del vulcano. Il Catania, nel frattempo, è indicato come modello d’impresa nel calcio italiano: compra talenti a poco prezzo e li rivende a peso d’oro. Nel calcio dunque, il volo è tutt’altro che low cost, perché avere un pallone in mano signica attraversare la business class del mondo degli affari.
In cima alla montagna, arriva nel 2006, quando si ritrova sulle pagine di ‘Capital’, eletto miglior imprenditore siciliano dell’anno. La Wind Jet pare un successone e arriva a portare fino a tre milioni di passeggeri in giro per l’Italia e l’Europa a tariffe incredibili, ma a costo di perdite secche evidenti: 1,8 milioni nel 2009, 3,1 nel 2010, 15 nel 2011.
Il botto è nell’aria e arriva nell’agosto 2012, quando gli aerei restano a terra. Perchè? «Non abbiamo soldi per il carburante», dirà la compagnia. È l’inizio della fine. Due anni dopo il Catania retrocede in B e rischia anche di scivolare in LegaPro. Il ragionier Pulvirenti, a quel punto, decide per il volo a corto raggio: compra alcune partite per salvare la squadra. E gli deve essere sembrato un affarone, l’ultimo, quando trionfante e intercettato dagli investigatori esclama: «Ormai l’ho inquadrato il campionato di B, l’anno prossimo arrivo primo!».
Il Resto del Carlino