Cronaca. Bologna, paziente psichiatrico fuggito e trovato morto: per la Procura fu una “fatalità tollerabile”

La vicenda di Alessandro Rossi, il 60enne scomparso da una struttura sanitaria e ritrovato senza vita mesi dopo, rischia di chiudersi senza colpevoli. La Procura di Bologna ha infatti avanzato la richiesta di archiviazione per il fascicolo che vede indagate sei persone con le ipotesi di reato di omicidio colposo e abbandono di incapace. Secondo gli inquirenti, l’allontanamento dell’uomo dalla residenza psichiatrica rientrerebbe in quel margine di rischio che l’ordinamento giuridico considera “tollerabile”.

I fatti risalgono all’autunno del 2019. Rossi, paziente in cura presso il Centro di Salute Mentale da quarant’anni, si allontanò dalla comunità “Gaibola”, situata sui colli bolognesi, il 30 settembre. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la fuga avvenne in un lasso di tempo brevissimo, approfittando di un momento in cui gli operatori, dopo averlo assistito, si stavano dedicando ad altri ospiti. Il suo corpo venne ritrovato solo la primavera successiva, il 15 aprile 2020, in un bosco di Pietramala, frazione di Firenzuola in provincia di Firenze, a circa cinquanta chilometri di distanza dalla struttura.

Le indagini, coordinate dalla Pm Michela Guidi, si sono avvalse di una consulenza tecnica che ha escluso responsabilità dirette. Il decesso sarebbe avvenuto per cause naturali e, secondo la magistratura, non sarebbe imputabile a negligenze o omissioni penalmente rilevanti da parte dello staff medico o degli operatori. Da qui la conclusione che l’evento non sia riconducibile alla violazione di specifici doveri di controllo.

Una tesi che però non convince affatto la famiglia della vittima. L’avvocato Barbara Iannuccelli, che assiste la sorella di Rossi, ha depositato opposizione alla richiesta di archiviazione. Il legale punta il dito in particolare sulle tempistiche dell’allarme: la denuncia di scomparsa, infatti, venne formalizzata dalla struttura solamente il giorno successivo all’allontanamento. Secondo la famiglia, questo ritardo avrebbe impedito l’avvio tempestivo delle ricerche, risultando determinante nel tragico epilogo. “Fa impressione leggere che la morte di una persona fragile venga considerata un rischio accettabile”, ha commentato l’avvocato Iannuccelli. La parola definitiva spetterà ora al Giudice per le Indagini Preliminari.