I Servizi Sociali dell’Unione dei Comuni Valle del Savio rompono il silenzio sul drammatico caso del neonato abbandonato a Cesena. In una nota diffusa oggi, chiariscono che la donna era seguita dal mese di giugno e inserita in un protocollo per maternità difficili, ma ha costantemente rifiutato ogni forma di presa in carico e sostegno, mantenendo ferma la volontà di partorire in anonimato. Una scelta che, per legge, gli operatori non hanno potuto forzare.
L’intervento dei Servizi Sociali arriva “alla luce del clamore mediatico e della diffusione di informazioni non corrispondenti al vero”, con l’obiettivo di fare chiarezza nel pieno rispetto della privacy della donna e del piccolo. Il caso, si legge nel comunicato, era seguito dall’area Disabili fin da giugno, in stretto coordinamento con la Tutela Minori e il Consultorio familiare. La donna era stata inserita in un percorso dedicato alle maternità complesse ed è sempre stata trattata come una persona intenzionata a partorire in anonimato, secondo quanto previsto dalla normativa.
Nonostante la presa in carico, la strada è stata tutta in salita. “Nel corso dei mesi, gli operatori sociali e sanitari hanno più volte incontrato la donna, mettendola al corrente sulle possibilità di sostegno e accoglienza disponibili”, sottolinea la nota. Una presenza assidua che si è però scontrata con un muro: “la donna ha rifiutato la presa in carico da parte dei servizi sociali, mantenendo, al tempo stesso, la propria scelta di partorire in anonimato”. Anche i tentativi del consultorio di stabilire un contatto continuativo con lei e il suo compagno non hanno avuto esito.
Un quadro reso ancora più complesso dalla posizione dei familiari. Parallelamente al lavoro degli operatori, i parenti della donna avevano infatti informato lo Sportello Sociale “di non essere intenzionati ad occuparsi del bambino”. A quel punto, i Servizi Sociali si sono trovati con le mani legate dalla legge: hanno potuto garantire tutti gli accompagnamenti alle visite sanitarie, ma non potevano “intervenire con modalità coercitive” di fronte alla ferma volontà della donna.
Leggi anche:












