Ieri è emerso – dai media locali – il drammatico sfogo di un’infermiera cesenate del 118, 36 anni, vittima di una brutale aggressione sul lavoro avvenuta il 20 aprile 2024. L’episodio si è verificato all’esterno dell’ambulanza presso l’ospedale di Cervia, nello spazio tra la postazione del 118 e l’ingresso del pronto soccorso. L’aggressore, probabilmente alterato da alcol o droghe, l’ha scaraventata a terra e colpita anche con un coltello, provocandole fratture multiple al naso, al retro-nasale, alle vertebre cervicali, allo sterno, varie costole e al legamento crociato della gamba sinistra. L’autista dell’ambulanza, intervenuto tempestivamente, è riuscito a difenderla, riportando però a sua volta un braccio rotto e una lesione alla cornea.
Da allora l’infermiera ha subito cinque interventi chirurgici e dovrà affrontare un sesto intervento, senza certezza che sarà sufficiente. I danni fisici permanenti le impediranno di ricoprire il ruolo che svolgeva da anni sulle ambulanze, auto medicalizzate e elicotteri del 118, mansione per la quale possedeva titoli particolari ed era considerata tra le più qualificate della regione.
Oltre alle conseguenze fisiche, la donna denuncia un forte disagio morale e l’assenza di supporto da parte dell’Ausl Romagna, che non le ha mai espresso vicinanza né risposto alle comunicazioni inviate con documentazione clinica e valutazioni dell’Inail. L’infermiera lamenta anche la mancanza di miglioramenti sul fronte della sicurezza sul lavoro, pur avendo sempre mostrato disponibilità massima all’azienda.
L’aggressione ha avuto ripercussioni anche sulla vita privata: l’infermiera non può guidare né praticare attività fisiche come trekking con imbracature. Lo sfogo di ieri vuole richiamare l’attenzione sulle gravi lacune nella tutela del personale sanitario in servizio, sottolineando l’impatto duraturo di un episodio violento e la necessità di maggiore supporto e protezione.
