Cronaca. Emilia-Romagna, asse della droga con la Puglia: 24 misure cautelari per traffico di cocaina

Le indagini condotte dai Carabinieri di Foggia hanno portato alla luce un imponente canale di rifornimento di sostanze stupefacenti che collegava il Sud Italia con le regioni settentrionali, coinvolgendo direttamente il territorio dell’Emilia-Romagna come snodo logistico cruciale. L’operazione è culminata nell’esecuzione di ventiquattro misure cautelari nei confronti di soggetti accusati di gestire un vasto traffico di droga.

Il blitz, coordinato dalla Procura della Repubblica foggiana, ha determinato la custodia cautelare in carcere per diciannove indagati e gli arresti domiciliari per altri cinque. Le persone coinvolte, di età compresa tra i 23 e i 61 anni, dovranno rispondere a vario titolo di detenzione e spaccio. La rete criminale risultava composta prevalentemente da italiani, soprattutto foggiani, ma si avvaleva anche della collaborazione di cittadini di nazionalità albanese, georgiana e rumena. Le ramificazioni del gruppo si estendevano dalla Puglia fino al Lazio, al basso Molise e, in modo strategico per l’approvvigionamento, all’Emilia-Romagna.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti attraverso un’attività investigativa durata dal maggio 2024 all’aprile 2025, il territorio emiliano-romagnolo rappresentava il bacino fondamentale per l’acquisto della droga all’ingrosso. Figura chiave del sistema sarebbe stato un trentaseienne di origine albanese, ritenuto il fulcro della commercializzazione nel Foggiano, il quale avrebbe sfruttato contatti stabili con connazionali radicati nel Nord Italia per garantire il flusso della merce.

I numeri dell’affare illecito descrivono un traffico di notevoli dimensioni. Il canale di approvvigionamento consentiva l’arrivo in Puglia di quantità di cocaina stimate tra i 5 e i 10 chilogrammi ogni mese. La sostanza veniva acquistata a un prezzo base superiore ai 22 euro al grammo per poi essere immessa sul mercato locale a cifre comprese tra i 30 e i 50 euro. Un meccanismo che, secondo le stime degli investigatori, era in grado di generare profitti mensili vicini ai 200mila euro.