Una svolta decisiva nelle indagini sul clamoroso furto al Museo del Louvre di una settimana fa. Due presunti membri del commando sono stati arrestati l’altro ieri sera, sabato 25 ottobre, mentre tentavano di fuggire all’estero. A incastrarli sono state le tracce di DNA lasciate sulla scena del crimine e un’operazione di polizia scattata proprio per impedire la loro imminente partenza verso l’Algeria e il Mali.
L’operazione è stata condotta dopo giorni di sorveglianza. Gli inquirenti hanno agito quando si sono resi conto che i due sospetti si stavano preparando a lasciare la Francia. Uno dei due uomini è stato bloccato intorno alle 22 di sabato all’aeroporto di Roissy-Charles-de-Gaulle, pronto a imbarcarsi su un volo per l’Algeria. Il secondo complice è stato fermato poco dopo, mentre si apprestava a fuggire in Mali. Entrambi, di circa 30 anni e originari della regione della Senna-Saint-Denis, sono noti alle forze dell’ordine per precedenti furti e sono considerati ladri esperti, probabilmente assoldati su commissione. Attualmente si trovano in stato di fermo, che potrebbe durare fino a 96 ore. L’operazione ha ricevuto il plauso del ministro dell’Interno, Laurent Nunez, che ha lodato il lavoro instancabile degli investigatori.
A portare gli inquirenti sui due uomini è stato un meticoloso lavoro di analisi. Fondamentali si sono rivelate le tracce di DNA isolate tra i quasi 150 campioni raccolti all’interno della Galleria di Apollo dopo il colpo, come confermato dalla procuratrice di Parigi, Laure Beccuau. Questi dati, incrociati con le immagini delle telecamere di sorveglianza e i tabulati telefonici, hanno permesso di stringere il cerchio sui sospetti. Durante la fuga, la banda aveva inoltre perso una preziosa corona appartenuta all’imperatrice Eugenia, poi recuperata, insieme a smerigliatrici, una fiamma ossidrica e altre attrezzature usate per il colpo.
Le indagini ora proseguono per definire il ruolo esatto dei due fermati all’interno del commando e per identificare gli altri complici. Il bottino, del valore stimato di 88 milioni di euro, non è stato ancora recuperato. Tra le piste seguite, emerge anche l’ipotesi di una possibile complicità interna al museo. Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico The Telegraph, che cita fonti vicine all’inchiesta, gli investigatori non escludono che un membro del personale di sicurezza possa aver aiutato la banda. La caccia agli altri membri del commando e ai gioielli rubati resta quindi aperta.












