Un fine settimana di otto anni fa è tornato prepotentemente al centro delle indagini sul caso Garlasco. La Procura di Brescia sta analizzando con estrema attenzione una sequenza di telefonate e messaggi avvenuta tra il 21 e il 22 gennaio 2017, definita dagli inquirenti non solo anomala, ma potenzialmente indicativa di una trattativa illecita. Al centro dei sospetti vi è l’ipotesi di un accordo corruttivo finalizzato a ottenere una rapida archiviazione per Andrea Sempio, all’epoca indagato per l’omicidio di Chiara Poggi.
L’ipotesi accusatoria
Secondo la ricostruzione del procuratore Francesco Prete e della pm Claudia Moregola, quel vortice di contatti potrebbe rappresentare il momento chiave di un presunto patto: una somma di denaro, stimata tra i 20 e i 30 mila euro, in cambio della chiusura delle indagini. Nel registro degli indagati figurano l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e Giuseppe Sempio, padre del 37enne amico del fratello della vittima. Gli inquirenti sospettano che i movimenti di denaro contante rilevati in quel periodo servissero proprio a questo scopo.
Un sabato di chiamate a vuoto
L’analisi dei tabulati telefonici ha svelato un’attività insolita iniziata la mattina di sabato 21 gennaio 2017. Dagli uffici della Procura di Pavia, utilizzando l’utenza fissa, qualcuno ha tentato ripetutamente di contattare il cellulare di Andrea Sempio. I tentativi si sono susseguiti a ritmo serrato tra le 10.30 e le 11.00, alternandosi con chiamate partite dal cellulare privato di Silvio Sapone, all’epoca capo della squadra di polizia giudiziaria. Tutte le chiamate sono rimaste senza risposta. Gli investigatori sottolineano l’anomalia di tale insistenza, avvenuta venti giorni prima della convocazione ufficiale dell’indagato e in un momento in cui, apparentemente, non vi erano atti urgenti da notificare.
La domenica dei contatti diretti
Se il sabato è trascorso nel silenzio, la domenica successiva, 22 gennaio, ha visto un’intensificazione frenetica delle comunicazioni. Nel primo pomeriggio, Sempio ha avuto colloqui telefonici con i suoi legali, Massimo Lovati e Federico Soldani. Subito dopo, è scattato il contatto diretto con gli investigatori: una telefonata di oltre cinque minuti tra l’indagato e il carabiniere Sapone.
La sequenza temporale ricostruita dagli atti mostra un’alternanza continua: dopo il colloquio con il militare, Sempio ha richiamato il proprio avvocato, per poi telefonare nuovamente a Sapone per altri 52 secondi, facendogli seguire anche un sms. La giornata si è conclusa con un’ulteriore conversazione tra l’indagato e il suo difensore.
La memoria difensiva
Di fronte a questo quadro, la Procura di Brescia ha interrogato i protagonisti di quelle giornate. Il militare Sapone, incalzato sulla natura di quei colloqui avvenuti di domenica e dal suo numero privato, ha riferito di non ricordare le ragioni di quelle telefonate. Una linea, quella del non ricordo, che sembra accomunare le risposte fornite finora agli inquirenti che cercano di fare luce su quella che definiscono una “girandola vorticosa” di contatti in un momento cruciale dell’inchiesta.













