A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso Garlasco torna a scuotere l’opinione pubblica e le procure italiane. Un’impronta di scarpa che non combacia, carte segrete sul DNA, e l’ombra lunga del cosiddetto “Sistema Pavia” stanno ridisegnando i contorni di una vicenda che sembrava chiusa per sempre con la condanna definitiva di Alberto Stasi.
La Procura di Pavia ha infatti riaperto il fascicolo iscrivendo Andrea Sempio, amico d’infanzia del fratello della vittima, come indagato per l’omicidio. Una mossa che ha riacceso l’attenzione sui reperti biologici e sulle anomalie emerse già nel 2017, quando lo stesso fascicolo era stato archiviato.
L’impronta “sbagliata” e il rebus del DNA
Il nuovo fronte investigativo ruota intorno a due elementi chiave. Il primo è l’impronta di una scarpa numero 42 rinvenuta vicino al corpo di Chiara Poggi: un dettaglio che non corrisponde alla misura 44 di Sempio, riaprendo interrogativi mai del tutto chiariti sulla scena del crimine.
Il secondo riguarda il “giallo delle carte sul DNA”, consulenze genetiche che sarebbero state visionate da alcune parti prima di essere ufficialmente depositate. La circostanza, se confermata, metterebbe in dubbio la regolarità della catena di custodia e la stessa attendibilità delle analisi. Per chiarire i passaggi, i magistrati hanno ascoltato l’ex comandante dei RIS di Parma, Luciano Garofano, già coinvolto nelle prime perizie del 2007.
L’ombra del “Sistema Pavia”
Mentre Pavia riapre il caso Poggi, Brescia indaga sul fronte opposto. L’ex procuratore capo Mario Venditti e l’ex pm Mazza sono accusati di corruzione in atti giudiziari e peculato per presunte irregolarità nella gestione dei fascicoli e dei fondi della Procura. Al centro di quell’indagine c’è anche la decisione di archiviare, nel 2017, proprio il fascicolo su Sempio.
Per questo, il legale di Venditti, Domenico Aiello, ha chiesto che l’indagine pavese venga trasferita a Brescia, sostenendo che i due procedimenti — omicidio Poggi e corruzione dei magistrati — siano inscindibilmente legati. “Non si può capire l’uno senza l’altro”, ha dichiarato, denunciando anche una “campagna mediatica distruttiva” contro il suo assistito.
Se la richiesta fosse accolta, il baricentro giudiziario si sposterebbe di fatto da Pavia a Brescia, unificando i due filoni in un unico grande processo capace di riscrivere, almeno in parte, la storia giudiziaria di Garlasco.
Tensioni e contraddizioni
Intanto, anche la difesa di Sempio mostra crepe. L’avvocato Massimo Lovati, finito al centro di polemiche mediatiche dopo alcune dichiarazioni pubbliche e lo scontro con Fabrizio Corona, ha ammesso che il clima intorno al suo assistito è diventato “avvelenato”. Non si esclude un cambio di strategia o persino di legale.
Sul fronte opposto, Laura Barbaini, che rappresentò l’accusa nei processi contro Stasi, ha ribadito che “non esistono colpevoli alternativi”: un modo per difendere la solidità della sentenza definitiva, oggi messa in discussione dal riemergere di vecchie ombre.
Un caso che non smette di bruciare
Tra impronte che non coincidono, DNA da decifrare e procure contrapposte, il delitto di Chiara Poggi sembra destinato a vivere un nuovo, imprevedibile capitolo.
Il “Sistema Pavia” — fatto di relazioni, poteri e decisioni giudiziarie mai del tutto chiarite — torna a intrecciarsi con uno dei misteri più discussi della cronaca italiana. E mentre la giustizia tenta di fare ordine tra vent’anni di ipotesi e contraddizioni, una domanda rimane sospesa, come il primo giorno: chi ha davvero ucciso Chiara Poggi?