“Ho scoperto che su un sito per adulti circolano immagini di me nuda, generate con l’intelligenza artificiale”. Inizia così la dura denuncia di Francesca Barra, giornalista e scrittrice lucana, che ieri ha affidato ai social network lo sfogo e l’allarme per essere diventata l’ultima vittima di deepfake a sfondo pornografico. La conduttrice del programma “4 di sera” su Rete 4 e firma de L’Espresso ha trasformato l’attacco personale in un’occasione per accendere i riflettori su una forma di violenza digitale sempre più diffusa e pericolosa.
La scoperta, come ha raccontato la giornalista classe ’78, ha generato un’immediata reazione di sdegno e paura. “Non sono io, ma qualcuno ha deciso di costruire quella menzogna”, ha scritto. “Ho pensato ai miei figli e ho provato imbarazzo e paura per ciò che avrebbero potuto sentire o leggere”. Un atto che definisce senza mezzi termini “una violenza e un abuso che marchia la dignità, la reputazione, la fiducia. Un furto dell’immagine, del corpo, della libertà di essere viste come si è”.
La giornalista, che ha recentemente discusso una tesi in criminologia proprio sul cyberbullismo, ha allargato subito il campo della sua riflessione, pensando “alle figlie e ai figli di tutti, alle ragazze che subiscono la stessa violenza digitale e che forse non hanno i miei stessi strumenti per difendersi”. Le tecnologie, ha amaramente constatato, troppo spesso diventano “armi di manipolazione, di vergogna, di distruzione dell’identità”.
Oggi, a meno di 24 ore dalla sua prima denuncia, Francesca Barra è tornata sull’argomento con un nuovo post per ringraziare della solidarietà ricevuta e per mettere a fuoco il punto centrale della questione: il consenso. “Molti mi hanno detto: ‘Tranquilla, sappiamo che non faresti mai quelle foto’. Ma il punto non è questo”, ha precisato con forza. “Non si tratta di spogliarsi o non spogliarsi. Una donna che decide di mostrarsi nuda non è meno degna di rispetto o di protezione. Il vero nodo è il consenso”.
Un concetto chiave per educare le nuove generazioni in un’epoca segnata dall’aumento dei casi di pornografia non consensuale. “Prendere l’immagine di qualcuno, manipolarla e diffonderla senza permesso non è un gioco: è una violenza digitale”, ha ribadito la scrittrice, rivelando di aver ricevuto messaggi da molti genitori le cui figlie, spesso minorenni, sono state vittime dello stesso abuso su piattaforme come Telegram.
Da qui il suo appello forte e chiaro a non restare in silenzio. “È fondamentale denunciare. Perché il silenzio non ci protegge: protegge chi abusa”, ha scritto, lanciando anche una stoccata a chi sceglie l’indifferenza. “Finché i diritti verranno difesi solo a seconda di chi li rivendica, non saremo mai una società credibile”. Un monito che si chiude con una chiamata alla responsabilità collettiva: “La differenza, oggi più che mai, la fa chi sceglie di non voltarsi dall’altra parte. E chi non dice ‘ignorate’, ma combatte”.













