Come si legge da Rimini Today, a distanza di un anno esatto dai drammatici eventi che hanno sconvolto Villa Verucchio, il nobile gesto di solidarietà nato per sostenere le vittime e il maresciallo coinvolto sembra essersi trasformato in un caso irrisolto. Era la notte di Capodanno quando Mohammad Sitta, di origini egiziane, ferì quattro persone prima di cadere sotto i colpi della pistola d’ordinanza del maresciallo Luciano Masini. Oggi, lunedì 29 dicembre 2025, mentre il paese si appresta a chiudere un altro anno, resta l’amaro in bocca per una raccolta fondi che, nonostante il grande successo iniziale, non ha ancora raggiunto tutti i destinatari promessi.
L’iniziativa, promossa dall’associazione “Vieni a Villa Verucchio”, aveva raccolto l’adesione entusiasta di decine di cittadini, arrivando a mettere insieme una somma complessiva di 45.000 euro. L’obiettivo dichiarato dai promotori era duplice: coprire le spese legali del maresciallo Masini e destinare una quota di 5.000 euro a ciascuno dei quattro feriti — due diciottenni e una coppia di anziani. Tuttavia, nonostante una cerimonia ufficiale tenutasi il 12 gennaio scorso con la consegna simbolica di tre maxi assegni cartacei, i bonifici reali non sono mai stati accreditati sui conti delle vittime.
La delusione emerge chiaramente dalle parole di Stefania, madre di Diego, uno dei giovani aggrediti. La donna ha sottolineato come da quel momento sia calato il silenzio assoluto da parte dell’associazione, senza che venissero fornite spiegazioni sulla sorte del denaro. Stefania ha espresso profondo rammarico, evidenziando come sia lei che l’altro ragazzo portino ancora i segni fisici di quella notte terribile. Ciò che più ferisce le famiglie è l’imbarazzo di fronte ai conoscenti che, avendo contribuito alla causa, chiedono aggiornamenti sull’esito della donazione. Inizialmente si era ipotizzato che l’erogazione fosse legata alla chiusura dell’iter giudiziario del maresciallo Masini, la cui posizione è stata archiviata dal GIP lo scorso 27 ottobre; eppure, anche dopo quella data, non ci sono stati contatti.
Il senso di amarezza è amplificato dalla sensazione di essere stati utilizzati per dare risalto a un’operazione che non si è concretizzata. La signora Stefania ha ribadito come quello che doveva essere un esempio luminoso di vicinanza comunitaria si sia ridotto, per ora, a un pezzo di cartone senza valore economico. La vicenda ha scosso anche l’assetto interno dell’organizzazione: Paolo Gabriele, uno dei principali promotori della raccolta, ha confermato di essere uscito dall’associazione proprio a causa di forti disaccordi con il direttivo sulla gestione della vicenda. Secondo quanto riferito da Gabriele, l’impegno verso i feriti era stato aggiunto in un secondo momento proprio per non trascurare chi aveva subito i danni fisici dell’aggressione.
In questo clima di incertezza, l’interrogativo su dove siano finiti i 15.000 euro destinati ai feriti rimane aperto, lasciando una ferita ancora aperta.












