Il processo civile riguardante la tragica scomparsa e morte di Guerrina Piscaglia si è concluso con una decisione chiara: Gratien Alabi, l’ex sacerdote condannato a 25 anni di reclusione per omicidio e soppressione di cadavere, dovrà pagare un risarcimento di 650.000 euro alle sorelle e ai nipoti della donna. Questa cifra si aggiunge a un altro indennizzo di 600.000 euro riconosciuto a Mirko Alessandrini, vedovo di Guerrina, e al loro figlio, confermando la complessità e la gravità del caso.
Il giudice ha stabilito che non ci sono responsabilità civili a carico della Diocesi di Arezzo né della confraternita di cui Alabi faceva parte e dalla quale è stato espulso. Secondo l’ordinanza, l’omicidio di Guerrina non sarebbe stato facilitato dal ruolo religioso dell’imputato. La corte ha evidenziato che Alabi non avrebbe approfittato della propria funzione pastorale né vi sono prove che abbia sfruttato la sua posizione religiosa per mettere in atto il crimine. La famiglia della vittima, che aveva avanzato richieste risarcitorie anche nei confronti della diocesi e dei Frati Premostratensi, non ha ottenuto un risarcimento diretto da queste istituzioni, che sono state ritenute estranee alla responsabilità.
Il pronunciamento si inserisce in un quadro giudiziario complesso, che ha visto il condannato affrontare non solo le accuse penali, ma anche una lunga battaglia legale di risarcimento civile. La sentenza di oggi conferma che, sebbene Alabi sia stato riconosciuto colpevole di aver causato la morte di Guerrina, le sue funzioni religiose non sono state considerate un elemento che abbia agevolato il crimine. La famiglia di Guerrina, nel frattempo, potrà ora contare su questo importante risarcimento come ristoro per il dolore subito, mentre le istituzioni ecclesiastiche restano escluse da ogni responsabilità civile nel caso.












