Cronaca. Processo per maltrattamenti a Rimini: tunisino rischia quattro anni di carcere, il figlio tredicenne fuggì terrorizzato dall’hotel

In una notte d’autunno del 2023, le pareti di un tranquillo hotel riminese si sono trasformate in testimoni muti di un incubo domestico: un padre di 37 anni, originario della Tunisia, ha scaraventato il proprio figlio tredicenne contro il muro della camera, scatenando una fuga disperata tra le scale. Quel gesto violento, parte di un pattern di abusi che ha segnato l’infanzia del ragazzo, ora lo proietta sotto i riflettori della giustizia, con il rischio di una condanna che potrebbe allontanarlo dalla libertà per quattro lunghi anni.
La scena che ha scioccato gli ospiti dell’albergo si è consumata a settembre 2023, quando le urla del minore hanno squarciato il silenzio della struttura. Il ragazzo, atterrito, è corso giù per le scale scalzo, con la maglietta lacerata e il viso segnato da graffi e lividi freschi, nel vano tentativo di sottrarsi alla collera del genitore. Non è dato sapere con precisione se sia riuscito a varcare la soglia dell’hotel o se si sia rifugiato sotto il bancone della reception, ma di certo il personale e altri presenti sono intervenuti per placare l’uomo, impedendogli di aggravare la situazione. È stato il portiere di notte a contattare le forze dell’ordine, sigillando così il destino del 37enne, già detenuto per altri illeciti.Ieri, 2 ottobre 2025, il Palazzo di Giustizia di Rimini ha ospitato un’udienza carica di tensione davanti al collegio penale presieduto dal giudice Adriana Cosenza, con a latere Elisa Giallombardo e Luca Gessaroli. Il portiere dell’hotel è salito sul banco dei testimoni, offrendo una versione dei fatti leggermente discordante rispetto alle sue prime dichiarazioni rese agli inquirenti.
La Procura, determinata a far valere l’accusa di maltrattamenti e lesioni aggravate dal fatto che la vittima era un minore, ha avanzato una richiesta severa: quattro anni di reclusione per l’imputato. Al contrario, la difesa, curata dall’avvocata Ninfa Renzini, ha ribaltato la prospettiva invocando un’assoluzione piena, contestando la ricostruzione accusatoria. Presente in aula anche Raffaele Prati, legale della parte civile che rappresenta il giovane sopravvissuto all’orrore, pronto a tutelarne i diritti nel prosieguo del dibattimento. L’udienza si è chiusa con un rinvio a fine novembre per le controrepliche, momento cruciale prima della pronuncia della sentenza.
A scavare più a fondo, emerge un quadro di instabilità e isolamento che ha alimentato la spirale di violenza. Padre e figlio erano approdati a Rimini nell’agosto 2023, culminando un peregrinare estenuante iniziato con uno sbarco irregolare in Sicilia su un barcone dalla Tunisia, proseguito verso Venezia e quindi in Austria. Affidati ai servizi sociali e sistemati in hotel, i due vivevano una routine precaria: mentre l’uomo usciva per lavorare, il tredicenne restava recluso in camera per l’intera giornata, senza documenti, amici o reti di supporto in città, intrappolato in un’attesa angosciante del ritorno paterno. La situazione è precipitata con la perdita del posto di lavoro da parte del 37enne, che ha iniziato a rincasare ogni due o tre giorni in stato di ebbrezza, consumando stupefacenti persino alla presenza del figlio. Da lì, le invettive verbali si sono tramutate in percosse fisiche, motivate da pretesti insignificanti: un rimprovero per un innocuo errore domestico, o persino per non aver caricato un power bank durante una notte di assenza inspiegabile del padre. Il giovane, interrogato nel corso del procedimento, ha descritto questi episodi come il culmine di un abuso cronico, mentre l’imputato ha respinto le accuse di maltrattamenti, ammettendo solo di aver occasionalmente bloccato il ragazzo contro il muro e attribuendo in parte le tensioni alla presunta disobbedienza del figlio.
Questo caso di violenza su minori a Rimini solleva interrogativi profondi sulla vulnerabilità dei nuclei familiari in transizione, specialmente per chi arriva da percorsi migratori complessi. Con il processo che si avvia verso le battute finali, la bilancia della giustizia pende ancora incerta, ma l’eco di quelle urla nell’hotel continua a rammentare l’urgenza di proteggere i più fragili da chi dovrebbe amarli di più.