Cronaca. Rimini, abusi sulla figlia minore tra le mura domestiche: 60enne condannato a 4 anni e 4 mesi

Si conclude con una condanna a quattro anni e quattro mesi di reclusione il processo a carico di un sessantenne di origini peruviane, da tempo residente a Rimini, accusato di violenza sessuale aggravata ai danni della figlia minorenne. La sentenza, emessa nella giornata di ieri dal Tribunale di Rimini, ha confermato l’impianto accusatorio relativo a una serie di episodi avvenuti all’interno del nucleo familiare, portando all’apertura delle porte del carcere per l’imputato.

La decisione del Tribunale e le richieste dell’accusa

Il verdetto è stato pronunciato dal giudice per l’udienza preliminare Raffaele Deflorio, che ha disposto anche il risarcimento dei danni in favore della vittima. L’uomo, difeso dall’avvocato Enrico Graziosi, ha beneficiato dello sconto di pena previsto dal rito abbreviato, scelta processuale che comporta la riduzione di un terzo della condanna finale. Le indagini sono state coordinate dal pubblico ministero Davide Ercolani. La pubblica accusa aveva formulato una richiesta severa, ipotizzando inizialmente una pena base di dodici anni, ridotta a otto in virtù del rito alternativo. Il giudice ha infine quantificato la condanna definitiva in quattro anni e quattro mesi. La parte offesa si è costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Veronica Pollini.

La scoperta degli abusi e il dramma familiare

L’indagine ha portato alla luce un quadro familiare segnato da profonde sofferenze, emerse prepotentemente in seguito a un violento litigio tra padre e figlia. In quella circostanza, la giovane, esasperata, aveva afferrato un coltello da cucina puntandoselo al petto e manifestando alla madre l’impossibilità di continuare a sopportare quella situazione. Di fronte allo stato di shock della ragazza, incapace di verbalizzare l’accaduto tra i singhiozzi, la madre l’aveva invitata a confrontarsi telefonicamente con la sorella maggiore, che viveva altrove. È stato proprio questo passaggio a sbloccare la verità: la sorella maggiore, parlando successivamente con la madre, ha suggerito di indagare su possibili attenzioni improprie da parte del padre, rivelando di aver subito in passato le stesse molestie.

Le condotte contestate e le indagini

Il confronto tra madre e figlia ha scoperchiato una realtà fatta di abusi ripetuti. Secondo quanto ricostruito, l’uomo approfittava dei momenti in cui la minore dormiva con lui o di situazioni di gioco per compiere palpeggiamenti e atti di natura sessuale. In un’occasione, con il pretesto di aiutare la figlia nello studio dell’anatomia, l’avrebbe costretta a contatti intimi. Dalle testimonianze è emerso un comportamento ambivalente dell’imputato: dopo le molestie, l’uomo era solito scoppiare in pianto, chiedendo perdono e ritirandosi in preghiera, promettendo che non sarebbe più accaduto. Oltre agli episodi di natura sessuale, è emerso anche l’utilizzo di metodi punitivi fisici, come l’uso della cinghia, confermati anche da un’altra figlia più piccola, la quale tuttavia ha negato di aver subito abusi sessuali.

In seguito alla denuncia presentata dalla madre agli uffici della Polizia, la vittima è stata ascoltata in audizione protetta alla presenza di un consulente tecnico. Il suo racconto è risultato coerente e concordante con le dichiarazioni rese dai familiari. Già durante la fase investigativa era stata applicata nei confronti del sessantenne una misura cautelare di allontanamento dalla casa familiare; con la sentenza di ieri si concretizza la pena detentiva.