Una dipendente di un’impresa di pulizie originaria del napoletano e residente nel Riminese è stata rinviata a giudizio con l’accusa di truffa ai danni dell’INPS e di falso ideologico. L’indagine riguarda un periodo del 2020, durante il quale, secondo l’imputazione, avrebbe dichiarato in malattia motivi psichici pur continuando ad operare in mercanzia di profumi e cosmetici venduti online.
Secondo l’inchiesta, durante la pandemia da Covid-19 l’azienda in cui lavorava avrebbe avuto ridotte attività, e la donna avrebbe percepito l’indennità di malattia per diversi mesi. Contestualmente, però, avrebbe condotto una attività parallela di vendita online e, in alcuni casi, sarebbe stata osservata da un investigatore privato incaricato dall’impresa durante una visita al mare in orario di controllo e durante consegne di prodotti di bellezza a domicilio. A carico della donna viene contestata la truffa e il falso ideologico per aver indotto due medici di base a redigere certificazioni legate a episodi di ansia e depressione per stress da lavoro. Dalla verifica è emerso anche che i farmaci presunti non hanno trovato riscontro circa l’acquisto o l’assunzione.
La situazione processuale ha visto l’esame dell’udienza dibattimentale, al termine della quale la donna è stata rinviata a giudizio. Il processo inizierà il 4 novembre. L’azienda per cui lavorava si è costituita parte civile chiedendo un risarcimento danni di 60 mila euro, a fronte dei potenziali danni legati all’assenza prolungata e all’impatto reputazionale. Inizialmente la procura aveva proposto l’archiviazione, ma gli avvocati della ditta hanno presentato opposizione. Il giudice per le indagini preliminari ha emesso l’imputazione coatta. La difesa della donna è affidata all’avvocata Maria Rivieccio.