Aveva promesso di distruggerle la reputazione se lei non avesse accettato di riprendere la relazione e, per dare seguito alle minacce, ha tappezzato il paese di messaggi diffamatori a sfondo sessuale. Per queste condotte persecutorie, il Tribunale di Rimini ha disposto il divieto di avvicinamento alla persona offesa e l’applicazione del braccialetto elettronico nei confronti di un 59enne residente in Valconca. La misura cautelare, firmata dal giudice per le indagini preliminari Raffaella Ceccarelli su richiesta del pubblico ministero Davide Ercolani, arriva al termine di un’indagine dei carabinieri scaturita dalle denunce della vittima.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’uomo non accettava la fine del rapporto sentimentale e aveva messo in atto una strategia ossessiva pur di costringere la donna a tornare sui suoi passi. Dopo essere stato bloccato sia sul telefono che sui social network, l’indagato, difeso dall’avvocato Ninfa Renzini, avrebbe iniziato a tempestare la casella di posta elettronica dell’ex partner, inviando tra le 60 e le 70 email cariche di insulti e intimidazioni.
L’apice della condotta persecutoria si è raggiunto con l’affissione pubblica di volantini denigratori. I fogli, lasciati sui parabrezza delle auto in sosta e in vari punti del comune di residenza, descrivevano falsamente la donna come organizzatrice di festini a luci rosse, orgie e scambi di coppia, coinvolgendo anche persone straniere. L’intento dichiarato, come emerso dalle indagini, era quello di rovinare l’immagine pubblica della vittima raccontando a parenti e conoscenti presunti vizi intimi inesistenti.
Le vessazioni non si limitavano alla sfera della reputazione. L’uomo è accusato di appostamenti sotto l’abitazione della donna, tentativi di intrusione bussando violentemente alla porta e, in un’occasione, di aver appiccato il fuoco alla centralina elettrica dell’appartamento. A questo quadro si aggiungevano minacce di suicidio utilizzate come leva psicologica per generare sensi di colpa. Una situazione che ha costretto la vittima a vivere per mesi in un perdurante stato d’ansia e paura per la propria incolumità, aggravato dalla vergogna sociale provocata dalla campagna diffamatoria subita.













