L’inchiesta della Dda di Genova che ha portato in carcere nove persone, tra cui il presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia Mohammad Hannoun, getta un’ombra inquietante anche sulla Repubblica di San Marino. La notizia che dietro insospettabili raccolte fondi umanitarie, lanciate al grido di “sfamiamo i bambini di Gaza”, si celasse un canale di finanziamento diretto per l’organizzazione terroristica Hamas, ha riacceso con prepotenza il dibattito e i timori sul Titano riguardo al programma di accoglienza per trenta profughi palestinesi.
La doppia faccia della solidarietà
Quello che emerge dall’operazione di Polizia e Guardia di Finanza in Italia è uno scenario che smonta la narrazione della netta separazione tra aiuti umanitari e sostegno al terrorismo. Gli indagati, figure integrate e pubbliche come l’architetto Hannoun, raccoglievano denaro facendo leva sulla pietà per le donne, gli anziani e i bambini della Striscia, ma secondo gli inquirenti quei capitali finivano per sostenere le casse dell’ala militare di Hamas. Un sistema collaudato che sfruttava la copertura di associazioni benefiche per muovere milioni di euro. Se figure istituzionali del mondo associazionistico in Italia operavano in questo modo, la domanda che circola tra la popolazione sammarinese è quanto possano essere permeabili i controlli sui trenta profughi attesi in Repubblica.
I timori dei sammarinesi e i sondaggi internazionali
Il piano di accoglienza, promosso da comitati locali e vagliato dalle istituzioni, aveva già incontrato resistenze e perplessità da parte della cittadinanza nei mesi scorsi, come documentato da numerosi interventi apparsi sulle testate locali tra ottobre e dicembre 2025. Le rassicurazioni degli organizzatori sui controlli e sulla natura esclusivamente umanitaria dell’iniziativa si scontrano ora con la realtà giudiziaria emersa oltreconfine.
A preoccupare ulteriormente è il contesto statistico e sociale di provenienza. Un recente sondaggio rilanciato dall’emittente Al Jazeera ha evidenziato come il 60% della popolazione palestinese esprima sostegno o simpatia per Hamas. Un dato che, letto in chiave sammarinese, alimenta il timore che all’interno del contingente di profughi possano celarsi non solo vittime, ma anche fiancheggiatori o simpatizzanti di un’organizzazione che l’Unione Europea classifica come terroristica.
Il rischio infiltrazioni
La vicenda genovese dimostra come il confine tra attivismo civile e militanza radicale possa essere labile e difficilmente individuabile anche per le forze dell’ordine di paesi di grandi dimensioni. Per una realtà statuale piccola come San Marino, l’eventualità di ospitare soggetti che, pur presentandosi come bisognosi di aiuto, potrebbero condividere l’ideologia o gli obiettivi di Hamas, rappresenta un rischio sicurezza che molti cittadini ritengono troppo elevato.
Le indagini italiane confermano che il sostegno ad Hamas non avviene solo nei tunnel di Gaza, ma si dirama attraverso network di “insospettabili” che operano alla luce del sole. Una circostanza che rende le garanzie sul “profilo sicuro” dei profughi in arrivo molto più fragili agli occhi dell’opinione pubblica del Titano, preoccupata di importare, sotto l’egida della solidarietà, problematiche legate al radicalismo e alla sicurezza interna.












