Crotone, sgominato traffico di reperti archeologici

Arrivavano quasi sempre all’alba, armati di zappe e vanghe, scavavano in fretta e poi di corsa si allontanavano portando con sé preziosi reperti, in seguito svenduti sul mercato nero. In questo modo, per anni, hanno spogliato i siti archeologici più importanti del crotonese. Era questo il metodo della banda di tombaroli scoperta dal nucleo Tutela patrimonio culturale dei carabinieri e sgominata dalla procura di Crotone, che ha chiesto e ottenuto 12 fra arresti e altre misure cautelari per tutti gli uomini di quella che per i magistrati è una vera associazione a delinquere.

A dirigere la banda, il professore Pasquale Giuseppe Attianese, 70 anni, ufficialmente affermato numismatico, autore di diverse pubblicazioni sulla monetazione in epoca magno-greca, stimato perito anche in ambienti giudiziari e noto paladino dell’archeologia crotoniate, sempre pronto a tuonare contro l’abbandono dei siti. In realtà – hanno scoperto gli investigatori – il professore sarebbe la mente dell’organizzazione. Grazie alle sue vaste conoscenze, sarebbe stato lui ad indirizzare i tombaroli su siti non ancora esplorati, indicando dove scavare e cosa cercare. “Una persona avida e ben addentrata nel vasto mondo della ricerca clandestina di reperti archeologici” per i carabinieri, che questa mattina lo hanno accompagnato in carcere per ordine del gip.

Insieme a lui è finito dietro le sbarre Vincenzo Godano, il capo della squadra di tombaroli che materialmente portavano via i reperti. “L’archeologo”- così era soprannominato dai suoi uomini – è stato più volte sorpreso e filmato dagli investigatori mentre con la zappa aggredisce l’unica colonna superstite del Tempio di Hera – santuario del VI secolo a.C. eretto a Capo Colonna, nei pressi di Crotone – alla ricerca di quanto il terreno ancora custodisce. Sempre lui, è stato più volte immortalato mentre addestra le squadre all’uso di sofisticati e costosi metal-detector, capaci di rilevare la presenza di preziosi monili anche a elevate profondità.

A mettere sul mercato nero i reperti trafugati erano in tre: Francesco Arena che teneva i rapporti con le case d’asta italiane ed estere; un settantenne di Taranto, Raffele Monticelli, che si occupava di vendite nazionali e internazionali; Ernesto Palopoli, un ottantenne di Torretta di Crucoli, nel crotonese, che gestiva la ricettazione locale.

Per chi si occupa di traffico di opere d’arte, quello di Monticelli è un nome noto. Più volte il settantenne – da oggi ai domiciliari – è finito al centro delle inchieste che hanno fatto saltare compravendite nazionali e internazionali di reperti. E anche questa volta – hanno scoperto i carabinieri – sarebbe stato lui uno dei principali acquirenti dei tombaroli crotonesi, cui ha strappato per 33mila euro un reperto inizialmente messo sul mercato nero per non meno di 70mila.

Il nome del ricettatore locale invece, per investigatori ed inquirenti, è stato una vera sorpresa. Noto paladino dell’archeologia crotoniate e affermato studioso, Palopoli – secondo quanto emerso dall’inchiesta – era solo un collezionista senza scrupoli. Nel suo museo privato, aperto anche grazie a fondi governativi, erano esposti quasi duemila reperti, risalenti ad epoche diverse, dalla protostoria al periodo bizantino, in larga parte provenienti da scavi clandestini. Una collezione per i magistrati del tutto illecita, ma che fa bella mostra di sé persino sul sito del Mibact.

Nel corso dell’inchiesta, i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato numerosissimi reperti di notevole interesse storico-artistico ed elevato valore economico. Ma molti ancora potrebbero mancare all’appello. Per questo le indagini non si fermano. In mattinata, sono state eseguite 47 perquisizioni fra Crotone, Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza, Catania e Reggio Emilia, alla ricerca dei reperti che la strutturata organizzazione ha rubato, mentre sono numerosi i professionisti che la procura ha iscritto sul registro degli indagati perché sospettati di aver acquistato vasi, monili e monete dalla banda. La Repubblica