La vita di un lavoratore vale 5 mila euro di multa. E’ quanto previsto dalla sentenza di primo grado nel processo per la morte sul lavoro di Pietro Leurini. Per la Centrale Sindacale Unitaria è una sentenza che ha “il sapore amaro dell’impunità ”. Pietro Leurini precipitò nel novembre di 5 anni fa da una impalcatura di 10 metri del cantiere ex Saces. La struttura era sprovvista di protezioni e per i quattro imputati è stata decisa una condanna di 9 mesi, azzerati dai benefici di legge, e una multa di 5 mila euro. Mentre per la famiglia Leurini è stato stabilito un risarcimento di 100 mila euro. “Questa sentenza – afferma la CSU – arrivata tra l’altro sul filo della prescrizione, conferma ancora una volta che morire di lavoro non costa nulla, che in tema di sicurezza c’è una enorme sproporzione tra le responsabilità e le sanzioni conseguenti. Non è più ammissibile che le irregolarità e le violazioni che causano vittime sul lavoro siano liquidate con poche migliaia di euro e pene praticamente inesistenti. Da tempo denunciamo – conclude la CSU – l’assoluta inadeguatezza dell’impianto sanzionatorio previsto dalla legge sulla sicurezza e l’assoluta necessità di introdurre norme più severe che funzionino come deterrente. Purtroppo è arrivata una sentenza che ha invece l’amaro sapore dell’impunità.
