CSU: USL, un sindacato in saldo

La USL non ha ancora trasformato le adesioni in iscrizioni vere, in contrasto con il suo stesso Statuto e con la sentenza di appello dell’aprile 2009, che stabilisce che questo stato di cose non può più essere tollerato nella fase immediatamente successiva al riconoscimento giuridico

Il mutismo sindacale dell’USL è di volta in volta interrotto da polemiche decisamente pretestuose. L’ultima utilizza una sentenza del tribunale per celebrare una sorta di “vittoria” contro le storiche Confederazioni sindacali. Una sentenza che, seppure tanto sbandierata, in realtà non aggiunge nulla di nuovo e di definitivo sulla reale rappresentanza del terzo sindacato. La realtà è molto semplice: l’USL è una associazione nata in Tribunale, ma non  ancora tra i lavoratori. Parlare, come fa il terzo sindacato, di iscritti senza alcuna tessera e nessun versamento di quota d’iscrizione, non ha senso e contraddice lo stesso Statuto della USL, che recita testualmente: “l’iscrizione avviene tramite sottoscrizione della delega e il relativo versamento delle quote associative.” Ma questo obbligo statutario è finito in una sorta di limbo che si protrae da oltre un anno: di fatto l’USL ha deciso di sospendere (con motivazioni tra l’assurdo e il furbesco) qualsiasi forma di iscrizione, preferendo una raccolta di firme di adesione, che la fanno assomigliare più ad una associazione bocciofila che ad un sindacato.

L’USL è insomma un sindacato che, per il momento, si è autosospeso, svincolando platealmente agli obblighi della rappresentanza. In sostanza: è un sindacato da saldi di fine stagione. In attesa di sapere quando deciderà di trasformare la raccolta di firme d’adesione in iscrizioni vere, ricordiamo che contare la forza numerica della CSU è molto facile e trasparente: basta scorrere i tabulati dell’ISS con i versamenti delle quote associative. La sentenza in questione su questo aspetto presenta molte contraddizioni, perché da un lato cita lo Statuto che l’USL si è autonomamente data e quindi lo dà per buono; dall’altra si prende ancora per buono che “con un atto di autonomia” la stessa USL ha cancellato il dovere di versare le quote associative, affermando che per il 2009 tali quote non dovranno essere pagate dai lavoratori anche per andare loro incontro in questo momento di difficoltà. E per il 2010?

Sarebbe come dire che una qualsiasi attività economica oggi partisse regalando il suo prodotto, col solo obiettivo di carpire clienti ai concorrenti. Va sottolineato che questa modalità contraddice anche la sentenza di appello del 9 aprile 2009, la quale recita testualmente quanto segue: “L’accertamento della effettività e della genuinità della adesione del lavoratore all’associazione sindacale – le quali sono comprovate e rese esteriormente evidenti dalla contribuzione – può essere richiesto soltanto dopo che l’associazione sindacale abbia ottenuto il riconoscimento. In altri e più chiari termini, se la situazione di incertezza in ordine all’effettività dell’iscrizione ad un sindacato può essere giustificata nella fase immediatamente precedente all’acquisizione delle personalità giuridica da parte dello stesso, non può più essere tollerata nella fase immediatamente successiva.”

In sostanza, in questo passaggio il giudice di fatto stabilisce che dopo il riconoscimento giuridico l’adesione va trasformata in l’iscrizione, “resa esteriormente evidente dalla contribuzione.” Fino a quando si potrà tollerare che l’USL resti un sindacato legalmente riconosciuto senza iscritti?