Da Boldrini a Fico, lo scranno rovente

Pericolosi, roventi e scivolosi. Gli scranni dei presidenti di Senato e Camera sono sempre stati forieri di polemiche e accuse di faziosità, amplificate dalla garanzia di imparzialità che quella cariche dovrebbero mantenere. Ne sa qualcosa Ignazio La Russa, ma anche i predecessori di sinistra. Perché tutto si può dire meno che non abbiano sollevato polveroni e politiche. Qualche esempio? Andando indietro nel tempo, forse Fausto Bertinotti detiene il record di velocità dal momento che il 17 maggio, a nemmeno 20 venti giorni dal suo insediamento, fece inalberare i cattolici per i suoi giudizi tranchant sulla posizione «restauratrice» di Benedetto XVI sui Pacs. E che dire del presidente del Senato Piero Grasso? Oltre alle accuse di fiancheggiamento dei pm politicizzati, di lui si ricorda la volta in cui, per placare i disordini, esclamò in Aula: «Attenti che faccio intervenire la polizia d’udienza». Impossibile non citare la regina delle polemiche per eccellenza: Laura Boldrini. Da presidente della Camera è salita in cattedra nelle scuole, parlando ai giovani e presenziando a convegni. Tema principale? I migranti. Il giorno dell’anniversario della tragedia di Marcinelle disse che «ci ricorda quando i migranti eravamo noi. Oggi più che mai è nostro dovere non dimenticare». Il parallelismo mandò su tutte le furie anche i familiari delle vittime. Degno prosecutore della linea boldriniana è stato Roberto Fico. Agli annali la sua invasione di campo nel caso della nave Diciotti: «I migranti dovevano scendere dal primo giorno». «Insomma, a giocare a chi la fa o la spara più grossa la partita è aperta.


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