Ormai noi sammarinesi non contiamo più nulla. Siamo ridotti il così detto “cantone delle botte”. Ormai siamo circondati dal nemico Italico che sta facendo una pulizia etnica nei nostri confronti mai vista, forse solo al tempo di un certo Hitler.
Tutti i giorni un attacco cui le nostre autorità, i nostri politici i nostri organi d’informazione non sanno contrapporsi , anzi sembrano timorosi dover disturbare questi guastatori nell’espletamento del loro programma preordinato.
Così dopo le fatture, le triangolazioni, il riciclaggio ecco che spunta fuori la mafia, la camorra, congreghe che sembrano attratte dalla nostra Repubblica più che dalla riviera Riminese dove la malavita ha da sempre imperversato e padroneggiato mentre nessuno di coloro che oggi salgono in cattedra contro di noi non ha mai fatto nulla per debellarla.
Sui giornali nazionali, anche di grande tiratura, si vuole far credere come la malavita si sia instaurata e cresciuta a Rimini per colpa della sua vicinanza da San Marino.Niente di più ridicolo e fazioso.
Si pubblicano interviste di autorevoli personaggi delle Fiamme Gialle che denunciano pericoli mafiosi e camorristici per la Repubblica, anche con il pericolo che prima o poi ci scappi il morto, in modo generico senza esporre prove dettagliate, come si confà a certi corpi militari.
Giornalisti più o meno noti che sui loro blog tutti i giorni, anche sollecitati e coadiuvati da gole profonde nostrane , che non hanno mai il coraggio di qualificarsi, si permettono di censurare l’operato del nostri Segretari e della nostra magistratura quando avrebbero tanto da interessarsi dei fatti loro, delle magagne giudiziarie dei loro politici, quelli di maggioranza e quelli di minoranza.
Ma forse San Marino, che non ha mai vissuto queste realtà, sino ad oggi, incarnate e tipiche da sempre nel Bel Paese, oggi fa più notizia.
E dai tremonti (i nostri non quelli Padani) mai nessuna risposta o contrattacco.
E’ giunta l’ora del coraggio, di tirare fuori le palle e non nasconderci più dietro un dito.
Tanto con tutto ciò che abbiamo commesso non sarebbe sufficiente neppure una colonna romanica.
Paolo Forcellini direttore de lo Stradone