
Tommasi e Guidi nei guai per un recupero crediti: il banchiere l’affidò a Sunsky, ma l’istituto del monte Titano perse altri milioni. Intanto Solis ammette di essersi messo nel business appena fu individuato il paziente 1.
Non c’è pace per i mediatori dell’affare delle mascherine al centro di un’importante inchiesta giudiziaria romana. A San Marino i magistrati stanno approfondendo un affare immobiliare in cui sono coinvolti due dei trader indagati nella Capitale. Stiamo parlando dell’imprenditore milanese Andrea Vincenzo Tommasi e di Daniele Guidi, ex amministratore delegato del Credito industriale sammarinese (Cis).
Guidi, sul monte Titano, è appena stato rinviato a giudizio per amministrazione infedele e concorso in bancarotta fraudolenta. Tra le vicende oggetto di contestazione c’è anche la cessione di un villaggio vacanze da parte di un cliente moroso del Cis. Per trovare l’acquirente Guidi ingaggiò Tommasi, titolare della Sunsky Srl.
Il contratto di consulenza risale al 4 novembre 2016 ed era già stato allegato al procedimento per il crac del Cis (il numero 500 del 2017), ma a dicembre, dopo una comunicazione della Banca centrale di San Marino, è transitato in un nuovo fascicolo, il 695 del 2020, in mano al commissario della legge Roberto Battaglino.
Nell’accordo del 2016 si specifica che durante le riunioni con Tommasi il Cis ha manifestato la volontà di procedere al recupero del credito nei confronti della società Make Srl, «assoggettata a procedura concorsuale nella Repubblica di San Marino», anche attraverso la vendita del Kelibia beach.
Nell’occasione la banca rappresentata da Guidi conferisce mandato alla Sunsky di Tommasi «per la ricerca di soggetti interessati a porre in essere operazioni economiche […] relative al villaggio turistico […] e finalizzate a consentire a Banca Cis […] il recupero del credito».
L’istituto dà atto che «la trattativa con la società Promovacanze Srl», in quel momento in corso, era «stata presentata» proprio da Sunsky. E in effetti alla fine ad acquistare la struttura tunisina e sua la controllante Est Srl, al prezzo di 17,5 milioni, è proprio la Promo-vacanze. Ma per concludere l’operazione la società piacentina accende un mutuo di 21 milioni di euro presso la stessa Banca Cis. Peccato che anche la Promovacanze abbia lasciato «un buco milionario» (il finanziamento era esclusivamente garantito dalle quote della Est Srl, fallita a sua volta), instillando nei magistrati il sospetto che l’acquisto del villaggio non fosse altro che un tentativo di maquillage del bilancio da parte dei manager dell’istituto.
Per aver procacciato questo cliente il compenso pattuito con la Sunsky era del «3 per cento del controvalore dell’operazione con un massimo di 500.000 euro», che risulterà il corrispettivo finale. Il commissario della legge Battaglino, a quanto risulta alla Verità, sta valutando varie ipotesi di reato, tra cui l’amministrazione infedele, l’evasione fiscale e il riciclaggio.
Per questo il magistrato sta facendo fare accertamenti anche dall’Autorità di informazione finanziaria e all’interno di Banca Cis. L’indagine apparentemente si concentra sull’oggetto sociale di Sunsky, sui soci di Sunsky e Make Srl (e su eventuali legami tra i soci del Cis e quelli delle altre due ditte) e su eventuali trasferimenti di somme di denaro o di altri benefit da parte di Sunsky in favore del Cis o dei suoi soci. «Dazioni» che se ci fossero state potrebbero diventare la pistola fumante dell’inchiesta. Quanto all’oggetto sociale ricordiamo che la Sunsky di Tommasi, che è un ingegnere aerospaziale, collabora con imprese industriali, con enti governativi, società operanti nel settore difesa, aeronautica, aerospaziale e marina «per l’ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse umane» e la gestione e lo sviluppo di sistemi ingegneristici e banche dati. L’intermediazione di operazioni immobiliari non sembra il core-business della società.
Infine l’inchiesta punta ad appurare anche se fosse plausibile il pagamento di 500.000 euro per quel tipo di consulenza e soprattutto se il consulente avesse le caratteristiche per poterla svolgere.
Intanto a Roma vanno avanti le indagini sulla maxi commessa da 801 milioni di mascherine acquistate dal commissario straordinario dell’emergenza Covid Domenico Arcuri non è ancora chiaro a quanto ammontasse la torta delle provvigioni che si sono spartiti gli intermediari, tra cui Guidi e Tommasi. Gli inquirenti e l’Antirici- claggio della Banca d’Italia le avevano inizialmente quantificate in 72 milioni. Però Jorge Solis, il broker ecuadoriano tirato dentro all’affare proprio da Guidi, in una serie di mail inviate al «socio» cinese Zhongkai Cai, dopo la firma dei contratti con la struttura del commissario, fa riferimento a cifre molto più consistenti: almeno 203,8 milioni, di cui quasi 126 milioni già «pagati con fattura» a giugno.
Gli scambi di posta elettronica che abbiamo citato hanno stupito anche l’avvocato di Solis, Francesco Tagliaferri, che sabato ha chiesto conto di quei documenti al suo cliente, ricevendo questa risposta: «Mi ha detto che quelli delle mail erano progetti di commissioni che nella realtà non sono arrivati. Quegli importi erano solo previsti». Anche se va precisato che i messaggi sono successivi agli accordi siglati dal governo italiano con le società di im- port-export cinesi presentate dai mediatori sotto indagine.
Solis, secondo il decreto di perquisizione di dicembre, avrebbe incassato 3,8 milioni, ma l’avvocato Tagliaferri ammette che le provvigioni erano sottostimate e sarebbero superiori ai 5 milioni, come ha ammesso lo stesso Solis in un’intervista mandata in onda a Non è l’arena. In tv l’ecuadoriano ha raccontato di aver vinto la sua lotteria il 21 febbraio di un anno fa. In quel momento in Italia si parla solo del paziente 1 e non c’è ancora la consapevolezza della pandemia che sta per travolgere il Paese. Quel giorno Solis viene chiamato da alcuni suoi conoscenti cinesi che gli offrono di «lavorare con le mascherine». L’ecuadoriano riesce a sfruttare immediatamente quel canale grazie a Guidi, suo «amico da tre anni». Guidi è in contatto con gli altri mediatori, a loro volta in rapporti di cono- scenza con Arcuri. Grazie a questa catena Solis sarebbe stato chiamato al telefono direttamente da Antonio Fabbrocini (indagato per corruzione e in attesa di archiviazione), uno dei collaboratori del commissario, che gli avrebbe rivolto queste parole: «Sono di Invitalia. Io voglio che lei aiuti l’Italia. Io garantisco che la mia banca paga». Forse, a giudizio degli inquirenti, anche troppo.
Giacomo Amadori, La Verità