Da San Siro a San Marino: la fiera delle occasioni perdute (l’editoriale di David Oddone)

Quante volte abbiamo sentito il politico di turno parlare di San Marino come “laboratorio”? Quante volte quegli stessi imbonitori ci hanno dato a bere che qui, sul Titano, è diverso dall’Italia, perché si riesce a fare tutto velocemente e prima?

In una realtà in cui i progetti sembrano rimanere impantanati nella fitta giungla della burocrazia o meglio dell’indecisione e delle polemiche, emerge con forza il paragone tra lo stadio di San Siro e le sfide che in Repubblica affrontiamo nel campo degli investimenti e dello sviluppo.

L’entusiasmo e la voglia di rinnovamento sono elementi che accomunano progetti come ”l’ei fu” nuovo stadio di Milano, e le numerose promesse di innovazione e interventi normativi mai attuati all’ombra delle tre torri.

Nel primo caso, si tratta(va) di un’ambiziosa proposta di modernizzazione, in grado di trasformare un’iconica area di Milano: ebbene non se ne farà nulla. Polemiche, referendum, sovrintendenza e chi più ne ha, più ne metta, hanno incagliato, bloccato per anni e infine fatto scappare gli investitori (Milan e Inter), lasciando la città con in mano un pugno di mosche e una bella gatta da pelare. Chi rompe i cocci – e non solo quelli – per motivazioni politiche, di interesse personale o semplicemente per farsi pubblicità, non si rende conto che… il conto lo paga poi la collettività.

Sul Titano potremmo girare un film e vendere un po’ di biglietti per rifarci delle occasioni mandate all’aria. Propongo un titolo: “Governo alla ricerca del tempo perduto”, che fa tanto Indiana Jones e magari ci aiuta pure ad attirare qualche temerario!

Sia ben chiaro. Il dialogo, il contraddittorio, è comunque positivo. Così come è doveroso dare voce e ascoltare i vari soggetti coinvolti. Anche perché ne scaturisce quasi sempre un valore aggiunto.

Il vero problema di San Marino, come di San Siro, in effetti, è quello di non decidere, lasciando chi vuole portare i soldi in una sorta di limbo. In questa maniera si perde di credibilità verso l’esterno.

Dire esplicitamente “no”, ad esempio, rappresenta già un passo avanti perché si volta pagina, si vira su altro, si valutano alternative. Dall’una e dall’altra parte.

Io credo che la schiettezza, la trasparenza dovrebbero essere la nostra prima arma.

L’ostacolo invece non è solo rappresentato dall’idea di cambiamento in sé, ma anche dall’ineludibile trappola della non decisione, del giochino politico di frenare quello che fa il compagno di governo per mero calcolo elettorale. O quello di distruggere il lavoro del predecessore condannandoci a ripartire da zero, o scartare la proposta di quell’imprenditore, perché considerato vicino a Tizio e non a Caio…

In un’epoca in cui il mondo accelera, l’Antica Repubblica sembra muoversi su una corsia lenta e incolore. Un atteggiamento che non può che portare al fallimento più completo.

I progetti di sviluppo non possono permettersi lunghe attese e incertezze, oscurando il potenziale di crescita.

Sì, potremmo essere un laboratorio. Sì, le dimensioni ridotte potrebbero rappresentare un vantaggio. Tutti i governi, di ogni estrazione, ci hanno propinato il concetto. La realtà parla di un Titano che sempre più spesso imita e assorbe il peggio dai nostri vicini di casa.

Viene da chiedersi che cosa accadrà quando verrà chiuso l’accordo di associazione con la Ue, quando le leggi e le decisioni (o le non decisioni) dovranno conformarsi anche a quanto prescrive l’Europa.

Guardando al futuro emerge allora una chiara necessità di evitare gli errori che hanno caratterizzato le esperienze altrui. Il richiamo a un’azione celere e a un clima di collaborazione risulta ineludibile. La corsa contro il tempo è fondamentale per attrarre investitori, costruire opportunità e dimostrare che il Paese è pronto a competere a livello internazionale.

Il domani non aspetta. Non possiamo semplicemente votarci al Santo Marino o a San Siro, attendendo che il cielo ci aiuti: è ora di scattare e segnare gol decisivi.

 

David Oddone

(La Serenissima)