Forse non tutti sanno che, in barba all’esito referendario del maggio scorso, dal 1 gennaio è tornato in vigore il vecchio decreto n.153/1991 che, all’interno della regolamentazione delle professioni sanitarie, prevede all’articolo 3 l’esercizio della libera professione medica.
Il testo è corto e semplicissimo. Lo riportiamo integralmente:
“E’ consentito al corpo sanitario sammarinese di esercitare l’attività di consulto e consulenza professionale da svolgersi nell’ambito di strutture pubbliche o private giuridicamente riconosciute.
Le attività di consulenza e professionali debbono essere effettuate fuori del normale orario di lavoro e non devono compromettere il buon andamento dei servizi.
Gli introiti derivanti dall’attività di consulenza e prestazioni professionali intramurarie saranno divisi fra l’Istituto per la Sicurezza Sociale e coloro che hanno svolto l’attività professionale sulla base di percentuali e con modalità stabilite da apposito provvedimento deliberato dal Consiglio di Amministrazione dell’I.S.S., previo confronto fra Governo e Organizzazioni Sindacali”.
Chiaro? Neanche per sogno! Non si sa, ad esempio, quale tariffa spetti ai medici e quale spetti all’ISS. Si parla di un 30 per cento per il chirurgo, e il resto all’ISS. Ma non sembra che altre professioni e specializzazioni addette, ad esempio, alla sala operatoria o ad altre mansioni, abbiano diritto a qualche emolumento. Per cui, ci potrebbe essere chi si rifiuta di affiancare il chirurgo. Una specie di obiezione di coscienza.
Poi c’è l’orario di lavoro. La legge dice “fuori dell’orario di servizio”. In teoria, il medico in servizio potrebbe stimbrare, prestare la sua opera libero professionale, e poi tornare a timbrare. Ma così dovrebbero fare anche le altre professionalità ausiliarie, creando altro che disservizio…
Un altro aspetto è quello assicurativo. Non si specifica se i sanitari che prestano attività libero professionale debbano essere coperti da assicurazione, ed eventualmente chi la debba pagare. Stando così le cose, non osiamo pensare cosa potrebbe succedere se un paziente privato dovesse avere un problema e chiedesse il risarcimento dei danni eventualmente subiti.
Insomma, una gran confusione. Aggravata dalla delibera n. 1 del 27 maggio 2014 del Comitato Esecutivo ISS. Il quale, prendendo atto del risultato referendario, decide di non interrompere le collaborazioni libero professionali, ben 22, attivate con strutture del Circondario, che erano state accese in base alla legge abrogata con il referendum. Per due semplici motivi.
Queste le testuali parole: “il mantenimento delle abilità che esse garantivano risulta seriamente ipotecato, sia perché occorre del tempo per individuare e riformulare percorsi diversi e alternativi, sia perché essi, in ogni caso, non sono mai altrettanto efficaci. Il secondo aspetto negativo è rappresentato dal concreto rischio di vedere aprire un contenzioso economico, con possibili aggravi sull’erario, con i soggetti gestori delle strutture convenzionate”.
E poi precisa: “Nello specifico, si significa a titolo di esempio, che l’Istituto per la Sicurezza Sociale fornisce attraverso i suoi professionisti la gran parte delle prestazioni di chirurgia generale e urologia delle principali strutture private di Forlì, la cui interruzione avrebbe riflessi non solo sull’attività delle strutture, ma anche sul Servizio Sanitario Nazionale italiano in virtù dell’attività programma che esse svolgono in regime di accreditamento”.
Nello specifico, a noi viene da dire che , legge o non legge, tutto continua come prima, cioè nella massima anarchia. Qualcuno può fare la libera professione, qualcuno no. Non ci sono garanzie di nessuna specie. Soprattutto non si capisce chi ci guadagni e se tutto ciò porti un qualche beneficio alle casse striminzite dello Stato.
San Marino 6 gennaio 2015
Angela Venturini per il Giornalesm.com