Dal Caso “James” alla sfida del Registro dei Pedofili di San Marino: tra tutela dei bambini e diritto al reinserimento… Un equilibrio possibile – …di Enrico Lazzari

Non è da tutti i giorni che un arresto in Italia per una condanna definitiva su abusi sessuali su minori – quattro ragazzini di 10 e 11 anni, fatti risalenti al 2021 – scateni un terremoto sulle pendici del Titano. Il 27enne in questione, cittadino sammarinese, anche all’indomani della sentenza diventata definitiva, ha lavorato nelle scuole frequentate da indifesi minori e, perdipiù, si è dedicato al volontariato in un oratorio come animatore, a stretto contatto con bambini e adolescenti.

Lo “scandalo James“, come lo etichettano i social in un misto di rabbia e incredulità, non è solo cronaca nera: è il campanello d’allarme su un sistema di controlli che, pur con le migliori intenzioni, mostra crepe evidenti. E il governo? Ha risposto alle critiche che lo avevano accerchiato con una nota stampa che, va detto, non si limita a difendersi: chiarisce i fatti, denuncia le autocertificazioni mendaci e promette azioni concrete. Ma è abbastanza?

Enrico Lazzari

Qui, per questa volta, non siamo a puntare il dito – l’abbiamo già fatto ieri e l’altro ieri (link a fondo pagina) -, bensì a proporre idee. Oggi non intendo vestire i panni del censore, o del giustiziere armato di inchiostro e penna d’oca, ma quelli di un consulente “gratuito” per le casse pubbliche, che ha il pregio di costare zero, ma, forse, il “difetto” di non inginocchiarsi di fronte a nessuno.

Partiamo dai fatti, con razionalità e senza isterismi: il Congresso di Stato ha precisato che il 27enne non ha mai interagito direttamente con i bambini nei nidi – lavorava solo in cucina, come da qualifica – e che aveva presentato un’autocertificazione pulita, ora oggetto di nuova denuncia penale per falsità della stessa. A Palazzo si ammette il problema strutturale: la difficoltà nel reperire tempestivamente informazioni su condanne penali all’estero, specialmente se non definitive. E qui entrano in gioco le promesse: meccanismi più stringenti per verifiche rapide, sistemi di avviso immediato in caso di reati gravi e nuove procedure per acquisire dati dalle autorità italiane.

Non è il solito fumo negli occhi, almeno nelle intenzioni, ne sono certo… Il Congresso di Stato parla di “rendere il sistema impeccabile” e di prevenire situazioni analoghe. I Segretari di Stato riconoscono la criticità, e questo è un passo avanti. Ma, cari signori, se vogliamo andare oltre le buone intenzioni, forse è ora di considerare uno strumento più strutturato, come un registro dei condannati per reati sessuali su minori.

Cos’è, esattamente, questo registro? Non una “lista nera” da appendere in piazza, come sognano i giustizialisti da tastiera, ma un database riservato, istituito per legge, che raccoglie i nominativi di chi ha condanne definitive per abusi su minori. Non è un’invenzione fantascientifica: in Italia, per esempio, esiste il certificato penale per lavorare con minori (art. 25-bis DPR 313/2002), rilasciato dal casellario giudiziale per mansioni specifiche. E solo la consapevolezza di chi vi compare di dover permettere la consultazione del medesimo “libro nero”, li tiene lontani da incarichi a stretto contatto con minori: altro che autocertificazione.

A San Marino, potrebbe essere modellato sulla vigente normativa privacy – la Legge 21 dicembre 2018 n. 171, simile al GDPR europeo – che all’articolo 10 regola i “dati giudiziari“: possono essere trattati solo con base legale, sotto controllo pubblico e con garanzie come finalità precise. Inoltre, si prevedono tempi di conservazione limitati, sicurezza dei dati e diritti degli interessati. Aggiungiamoci la Convenzione 108+ del Consiglio d’Europa, ratificata da San Marino il 27 settembre 2023, che rafforza gli standard sulla protezione dei dati e impone registri strettamente regolati, non pubblici.

In sintesi: un tool per prevenire, non per punire due volte e per l’eternità.

I pro? Evidenti, e non da sottovalutare in un Paese come il Titano, confinante in ogni suo lato con l’Italia e con flussi di persone costanti e non regolate da dogane. Primo, tutela preventiva: permette a istituzioni, forze dell’ordine e – solo per ruoli lavorativi sensibili – datori di lavoro (pubblici o privati) di verificare chi accede a scuole, oratori, centri estivi o sportivi. Riduce il rischio che un nuovo “James” si infiltri, integrandosi con accordi bilaterali per info dall’estero. Proprio quello che il governo sta promettendo di rafforzare. Secondo, chiarezza normativa: addio alle autocertificazioni ballerine, benvenute procedure standardizzate, con accessi profilati e tracciati. Terzo, deterrenza: sapere che una condanna incide sulle opportunità future scoraggia recidive e bugie. Quarto, cooperazione internazionale: obbligherebbe a dialoghi più fluidi con Roma, rendendo il registro uno scudo reale per la comunità.

Ma non illudiamoci: i contro sono lì, a monito per chi vuole fare le cose per bene. Primo fra tutti, il conflitto etico-giuridico che sta al cuore di tutto: da una parte, la tutela assoluta dei minori e la prevenzione del rischio; un dovere morale e istituzionale, specie dopo casi come questo che lasciano famiglie atterrite.

Dall’altra, il diritto del condannato a reinserirsi socialmente dopo aver scontato la pena, senza rassegnarsi al ruolo di “appestato” a vita. È un equilibrio delicato: un registro mal gestito potrebbe violare privacy e diritti fondamentali, trasformandosi in stigma perpetuo o addirittura in gogna mediatica, vietata espressamente dalla Legge 171/2018, che proibisce la diffusione indiscriminata di dati su condanne.

Altri rischi: limiti pratici, come l’incompletezza se non aggiornato con dati esteri; costi di gestione e sicurezza informatica; e il pericolo di abusi, se l’accesso non è rigidamente limitato (niente consultazioni libere, solo richieste motivate e controllate dall’Autorità Garante).

Infine, l’efficacia: non risolve tutto da solo, senza percorsi di riabilitazione integrati.

Proprio sulla riabilitazione, la legge dovrebbe essere cristallina: iscrizione temporanea, diciamo 10 anni dall’estinzione della pena, con cancellazione automatica se non recidivi; o anticipata dopo 5 anni, su richiesta al giudice, con prove di terapia, buona condotta e ok dai servizi sociali. Niente sconti per casi gravissimi, ma garanzie per evitare un “ergastolo sociale”, in linea con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questo renderebbe il registro uno strumento proporzionato, non una vendetta.

Cari membri del Congresso, opposizioni e cittadini: non vi sto criticando, vi sto offrendo un’idea, gratis, indipendente, senza inchini.

L’Istanza d’Arengo n.6 del 2022 fu respinta nel 2023 (19 contrari, 3 favorevoli, 38 menefreghisti), ma oggi, dopo “James”, è tornata d’attualità. Non è un tabù: è una proposta concreta, rispettosa della privacy e dei principi sovranazionali. Integratela con i vostri impegni annunciati, fate una legge ad hoc che non lasci spazi a interpretazioni, con accessi riservati e meccanismi di riabilitazione.

La tutela dei bambini non è negoziabile, ma nemmeno i diritti basilari. San Marino può trovare l’equilibrio: basta volerlo, senza paure o scorciatoie. Altrimenti, resterete a contare i rischi… E post velenosi su Facebook!

Enrico Lazzari

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